Mediazione civile e falsi incentivi fiscali. Il Ministro della Giustizia trovi un miliardo e mezzo da restituire agli italiani

Gli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) sono da anni considerati strategici nella deflazione del contenzioso civile e ancor di più lo sono oggi, con il PNRR che incalza e la riforma Cartabia che prova, a suo modo, a farvi fronte.

Fra questi strumenti la mediazione, obbligatoria prima di iniziare una causa civile in molti settori : chi vuole rivolgersi al tribunale deve, prima, convocare la controparte davanti ad un organismo di mediazione; la controparte decide se partecipare o meno (con risvolti processuali in suo danno se non si presenta). Entrambe le parti pagano all’organismo di mediazione un’indennità di mediazione proporzionata al valore della controversia. Il procedimento di mediazione si svolge in un o più incontri con due possibili esiti: accordo raggiunto (scopo deflattivo perseguito) o accordo non raggiunto, ed è allora che si può procedere in giudizio.

 

Tempi più lunghi per chi vuole fare causa, maggiori costi per organismo di mediazione e legali, in nome della deflazione del contenzioso. Per incentivare l’accordo e il ricorso alla mediazione, anche nelle materie in cui non è obbligatoria, la legge prevede una serie di incentivi fiscali fra i quali la possibilità di usufruire di un credito di imposta a copertura dell’indennità di mediazione pagata, fino ad una concorrenza massima di euro 500 (ad oggi) per singolo procedimento di mediazione; il credito di imposta si riduce alla metà se l’accordo non si trova.

 

Questo credito di imposta però non si può “spendere” subito. La legge prevede che sia il Ministero della Giustizia, entro il 30 aprile di ogni anno, a emettere un decreto con cui stanzia i fondi a copertura del credito di imposta. Dopodichè, entro il 30 maggio di ogni anno, comunica ai singoli contribuenti l’importo del credito di imposta al quale hanno diritto e che dovrà essere utilizzato nella prima dichiarazione dei redditi utile, a pena di decadenza.

 

Fin qui la teoria.

 

Nel 2010, quando la mediazione fu introdotta nel nostro sistema giudiziario, fu anche inserito in dichiarazione dei redditi un rigo apposito in cui indicare questo particolare credito di imposta: “Quadro RN, rigo 24, colonna 4 alla casella ‘Mediazioni’” che però nessuno, in 13 anni dall’entrata in vigore della legge sulla mediazione civile (d.lgs. 28/2010), ha mai compilato, perchè il Ministro della Giustizia non ha mai emanato nemmeno uno dei decreti annuali, non ha mai inviato alcuna comunicazione a nessun contribuente, non ha mai inviato di conseguenza all’Agenzia delle Entrate l’elenco dei beneficiari e i relativi importi a ciascuno comunicati.

 

Da 13 anni, chi ha preso parte ad una mediazione – pagando l’indennità dovuta all’organismo di mediazione – non ha mai potuto usufruire del credito di imposta fino a 500 euro che la legge gli riconosce.

 

Dal 2011 ad oggi sono state definite oltre un milione e mezzo di mediazioni in Italia (per amor di precisione, 1.571.465) e i valori medi delle mediazioni hanno sempre superato l’importo massimo riconoscibile per il credito di imposta (500 euro).

 

Facendo quindi i conti in tasca agli italiani, poiché in ogni mediazione si è – almeno – in due, 3.142.930 di contribuenti stanno aspettando da 13 anni, ciascuno, 500 euro di credito di imposta per l’indennità di mediazione, che il Ministero non ha mai stanziato.

 

Il valore complessivo del debito nei confronti di questi italiani è di oltre un miliardo e mezzo (per amor di precisione 1.571.465.000), un tesoretto che gli italiani sono stati costretti a regalare allo Stato, che per legge doveva, e deve, restituire loro.

 

La riforma Cartabia è intervenuta sulla materia innalzando l’importo del credito di imposta da 500 a 600 euro e stanziando a copertura – solo per le mediazioni dal 2023 in poi – 51.821.400 di euro annui.

 

Si tratta di un importo assolutamente insufficiente a coprire la spesa, e in questi giorni (LINK https://www.adnkronos.com/mediazione-civile-verso-emanazione-decreto-attuativo-cartabia_2MxIirCAKQyNnniwvPUtUo), l’ufficio legislativo del ministero della Giustizia sta scrivendo il Decreto Ministeriale attuativo, che dovrà anche occuparsi delle modalità con cui il credito di imposta verrà corrisposto. Poichè i 50 milioni annui stanziati sono assolutamente insufficienti a coprire l’importo (la media annuale supera i 100 milioni di euro l’anno), dovrà quindi decidere se far “vincere” chi arriva primo – nella miglior logica del click day – o se distribuirlo proporzionalmente con un nuovo, farraginoso meccanismo come quello precedente, mai attuato. Per il passato – ci spiega il Ministero, interpellato sul punto – “In assenza di un tale atto normativo, implicante, all’evidenza, una ponderazione e un bilanciamento tra diritti individuali e esigenze finanziarie gravanti sul bilancio dello Stato, non è possibile per i cittadini beneficiare del credito di imposta per le procedure di mediazione concluse sino all’anno 2022”.

 

In pratica, la legge riconosce ai cittadini il diritto ad usufruire di un credito di imposta e il Ministro della Giustizia – novello reuccio – decide se concederlo o meno ai sudditi.

 

Quello che chiediamo al Governo e al Ministro della Giustizia è serietà.

 

Se intendono mantenere l’incentivo fiscale, devono stanziare congrui importi sufficienti a coprirlo non solo per il futuro ma anche, e soprattutto, per i 13 anni vergognosamente passati nel silenzio.

 

Altrimenti, dovranno assumersi la responsabilità politica di dire le cose come stanno, e cioè che non hanno alcuna intenzione di restituire agli italiani quel miliardo e mezzo sottratto loro e che, per il futuro, l’importo del credito di imposta non sarà per tutti di 600 euro a mediazione, ma sarà per chi arriva primo o in proporzione a tutte le richieste, chè la deflazione del contenzioso civile la paghiamo noi, il vero PNRR siamo noi.

 

Emmanuela Bertucci, legale Aduc