“Per eliminare le baracche, dovrebbero eliminare le case popolari”. (Anonimo) Da qualche giorno, le baracche di Messina fanno bella mostra fotografica a Montecitorio. Il merito è dell’on. Matilde Siracusano, deputato di FI (al momento della candidatura) senza merito.
Si puntano i riflettori sul risanamento già riaccesi dal duo on. Cateno De Luca e avv. Marcello Scurria, presidente di Arisme. Al Sindaco ho già riconosciuto con “chapeau” l’apprezzamento per avere ascoltato il legale nell’accogliere una sfida così insidiosa ed esaltante. Si potrebbe dire mutuando con il cannocchiale dal blog “visti da lontano” che hanno “visto lontano”. Così vuole la speranza, la profezia, il coraggio, il servizio, la responsabilità.
Non ho visto tutte le foto. Quelle che rinvengo dai media suggeriscono qualche riflessione.
La “P”olitica non può girarsi o stare a guardare. Tuttavia, la “P”olitica non può arrendersi ad una “cultura” che contraddice – come sanno i popolari sturziani – al principio di sussidiarietà.
Occorre, un passo indietro.
Correva l’anno del Signore 1923. Nei quindici anni precedenti, dopo il sisma del 1908, si era fatto poco anche per le contingenze del primo conflitto mondiale. Il 22 giugno dal balcone della Prefettura, Benito Mussolini si rivolse alla piazza: “Messina deve completamente risorgere e tornerà bella, grande e prospera com’era una volta. Non è soltanto un interesse messinese o siciliano; è un interesse di ordine squisitamente nazionale”.
Il 5 settembre dello stesso anno il Consiglio dei Ministri, per la ricostruzione di Messina e Reggio, destinava cinquecento milioni da ripartire in sette esercizi.
Nel 1937, lo sbaraccamento non era ancora completato.
La città dello Stretto, ripiombava nello sgomento di mura sventrate, con la seconda guerra mondiale.
Facciamo un salto di quasi mezzo secolo.
Nel 1990, il presidente della Regione siciliana, Rino Nicolosi, prese di petto la situazione e l’Assemblea regionale approvò una legge prevedendo un finanziamento di 500 miliardi di vecchie lire per il risanamento (pianificazione comunale, realizzazione I.A.C.P.) in quattro anni onde demolire, costruire case popolari, allacciare le reti fognaria, idrica ed elettrica. Si susseguirono date diverse per stilare graduatorie e tempi di consegna degli alloggi. Prima 1989. Poi 1998. Non era errore di battitura.
Taluni si specializzarono e si avventurarono in fortune elettorali.
Passano i lustri.
Nel 2018, a distanza di 110 (diconsi centodieci) anni dal terremoto, il Governo regionale di Nello Musumeci chiede a Roma la “dichiarazione del gravissimo stato di emergenza igienico-sanitaria-ambientale” … “La baraccopoli di Messina – si legge nel comunicato – costituisce una vergogna per la politica nazionale e regionale. … non sempre ai buoni propositi hanno fatto seguito i fatti. L’Agenzia per il risanamento, voluta dalla coalizione del mio governo deve essere lo strumento più agile per cancellare questa pagina disonorevole. Siamo accanto al Comune messinese in questa impresa difficile e insidiosa. E la delibera … è per noi un atto dovuto e sentito. Ora la palla passa a Roma. Ma sono certo che non mancheranno al governo centrale sensibilità e celerità per non arrestare una procedura già avviata”.
Per ora la palla si e’ tradotta in foto … non so se vi sono anche i selfie dei leader social … Salvini compreso.
Ritorniamo alla sussidiarietà.
Che significa?
Il principio di sussidiarietà – è stato detto – costituisce la “logistica” del valore della tutela e della promozione della dignità umana. La sussidiarietà è diretta a far sì che, i “corpi sociali intermedi”, i quali vanno dalla famiglia al Comune, passando per scuole, parrocchie, comunità religiose, associazioni, professionali etc., possano «adeguatamente svolgere le funzioni che loro competono, senza doverle cedere ingiustamente ad altre aggregazioni sociali di livello superiore, dalle quali finirebbero per essere assorbiti e sostituiti e per vedersi negata, alla fine, dignità propria e spazio vitale».
Traduzione.
In una sola occasione ho presenziato alla consegna di un alloggio. L’emozione era forte. Poi venni sopraffatto dalla delusione. L’assegnataria, in attesa da ottanta anni, era circondata da figli e figlie, generi e nuore, discendenti, collaterali, affini … tutti dipendenti, tutti occupati, tutti capaci di ritagliarsi opportunità … tutti destinatari di opportunità di emancipazione e riscatto, di lavoro, di reddito. Caxxo che motivo c’era di far attendere alla mamma, suocera e nonna la casa popolare!?
Ottanta anni in baracca. Ottanta anni di politica ma anche di subcultura putrida.
Emilio Fragale