Mutilazioni genitali femminili: emergenza globale, crimine silenzioso

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) continuano a rappresentare una delle più gravi violazioni dei diritti umani nel mondo, con conseguenze devastanti sulla salute fisica e mentale di milioni di donne e bambine. Il recente allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità — che ha analizzato oltre 75 studi in 30 Paesi — conferma quanto questa pratica sia ancora oggi diffusa e letale, soprattutto in Africa e Medio Oriente, dove si registrano i tassi più alti al mondo.

Secondo i dati dell’OMS, le donne che hanno subito MGF affrontano un rischio raddoppiato di complicazioni ostetriche gravi: parto ostruito, emorragie, necessità di parto cesareo d’urgenza o con forcipe. Non solo: il trauma subito genera un impatto psichico permanente, con un’incidenza quasi tripla di disturbi come depressione, ansia e sindrome da stress post-traumatico. I pericoli non si fermano al parto: infezioni, dolore cronico, difficoltà urinarie e sessuali, insieme a traumi emotivi profondi, continuano a segnare ogni fase della vita delle sopravvissute.

Aodi: “Una tragedia silenziosa. Serve un Osservatorio internazionale e più formazione per i sanitari”

Secondo le indagini portate avanti da AMSI (Associazione Medici di Origine Straniera in Italia), UMEM (Unione Medica Euromediterranea), Co-mai (Comunità del Mondo Arabo in Italia), AISC_NEWS, e il Movimento Internazionale UNITI PER UNIRE, con i rispettivi Consigli Direttivi, nonostante le evidenze scientifiche e le campagne di sensibilizzazione internazionali, il fenomeno non si arresta.

Anzi, cresce. In Somalia, il 98% delle donne è vittima di MGF. In Guinea, il 97%. In Sudan, il 90%. Paesi dove spesso esistono leggi di divieto, ma che non vengono applicate con efficacia. Anche in Afghanistan, il tasso è salito al 25%, confermando una preoccupante espansione del fenomeno.

E preoccupa profondamente anche l’Europa: il Regno Unito conta oltre 137.000 vittime; in Francia 125.000; in Germania almeno 67.000. In Italia sono circa 96.600 le donne mutilate, di cui almeno 8.600 minorenni. Il 24% delle giovani migranti proviene da Paesi ad alto rischio.

A parlare in qualità di leader delle associazioni è il presidente Prof. Foad Aodi, medico, giornalista internazionale, esperto di salute globale, Direttore dell’Agenzia Britannica Mondiale AISC, membro del Registro Esperti FNOMCeO, docente dell’Università di Tor Vergata e 4 volte consigliere dell’OMCeO di Roma, lancia un appello forte e chiaro:

«Le MGF sono una tragedia che non conosce confini. È inaccettabile che, nel 2025, milioni di donne e bambine siano ancora sottoposte a questa pratica brutale. Attraverso la rete internazionale di AMSI, UMEM, AISC e Uniti per Unire — attiva in oltre 120 Paesi — monitoriamo costantemente la situazione. E i dati sono allarmanti: la pratica non solo persiste, ma si sta evolvendo, anche nella sua forma più subdola, la “medicalizzazione” delle mutilazioni, affidate impropriamente a operatori sanitari per dare loro una parvenza di sicurezza. È una falsa soluzione che, in molti casi, provoca danni ancora peggiori».

Il Prof. Aodi denuncia con forza la mancata applicazione delle leggi esistenti, il silenzio colpevole che avvolge il fenomeno e la grave carenza di formazione tra gli operatori sanitari:

«In Italia il 73% dei professionisti non è adeguatamente formato sul tema e le sue complicanze. È gravissimo. Serve una strategia globale che unisca medicina, informazione e cultura. Per questo chiediamo l’istituzione di un Osservatorio Internazionale Anti-MGF, con il compito di formare, sensibilizzare, raccogliere dati e proteggere le vittime. La nostra rete — con AISC_NEWS, Radio Co-mai Internazionale e AISC_TV — è già attiva con campagne multilingue in tutto il mondo, ma serve un impegno politico e istituzionale più forte. Nessuna religione giustifica questa pratica. Le MGF nascono da tradizioni tribali e da ignoranza, non da precetti di fede. È tempo di dirlo chiaramente».

Il Manifesto contro le MGF e le proposte delle associazioni

Alla luce dei dati allarmanti e delle testimonianze raccolte sul campo, AMSI, UMEM, Co-Mai, AISC_NEWS e il Movimento Uniti per Unire rinnovano con forza il proprio impegno nella battaglia contro le mutilazioni genitali femminili. Le associazioni, attive in oltre 120 paesi con una rete globale di medici, giornalisti e attivisti, lanciano un appello urgente a governi, istituzioni sanitarie e comunità internazionali per passare dalla denuncia all’azione concreta. Ecco le richieste inderogabili per fermare questa pratica disumana.

Le richieste delle associazioni

  • Applicazione rigorosa delle leggi nei Paesi dove le MGF sono ancora diffuse.
  • Campagne globali nelle lingue delle comunità migranti per informare e prevenire.
  • Formazione obbligatoria per medici, psicologi, ostetrici e assistenti sociali.
  • Coinvolgimento dei leader religiosi e delle comunità straniere nella lotta culturale.
  • Finanziamenti per assistenza medica e psicologica alle vittime.
  • Promozione dell’Osservatorio Internazionale Anti-MGF per unire esperti e associazioni.

«Ogni anno, più di 3 milioni e 300 mila bambine sono a rischio. In Europa le vittime sono già oltre 640.000. Se non interveniamo con decisione, entro il 2030 saranno 92 milioni le bambine mutilate. È un crimine contro l’umanità. Non possiamo restare indifferenti», conclude Aodi.