Il 2° volume che presento è quello di Vittorio Feltri, «Non abbiamo abbastanza paura», un libro fortemente polemico nei confronti degli uomini e donne occidentali, che di fronte agli attacchi terroristici continuano a non capire o a far finta di essere al sicuro.
Certo Feltri si rende conto che non si comincia un libro con questo titolo, «non è molto nobile», tuttavia lo ribadisce più volte: ha paura di questi uomini vestiti di nero che ci attaccano ovunque. «Non c’è bisogno di essere arabisti per capire, anche senza assaporarne i suoni aspirati, che il Corano ha in sé una potenza distruttiva assoluta verso chiunque manifesti un sussulto di libertà e dica no al dominio di un libro che si è fatto Dio, così come si sono fatti suoi boia coloro che lo impugnano». Feltri nel testo si richiama continuamente al coraggio di Oriana Fallaci, con lei nel 2006 se ne è andato il coraggio degli italiani. Prima di morire la giornalista, con forza raccomandava a Feltri di battersi contro l’islam: «me lo devi, solo tu puoi. Tu e Ratzinger».
Feltri vede nel mondo musulmano organizzato militarmente (al-Qaida. L’Isis e tutto l’arcipelago combattente islamista) come nostro nemico che cerca di conquistarci militarmente, ma anche pacificamente. Anche Feltri ripercorre a grandi linee i vari attentati terroristici che hanno colpito le nostre città. L’attentato alla sede della rivista satirica parigina «Charlie Hebdo», è quello più grave forse, perchè colpisce uno dei principi cardine della democrazia occidentale: la libertà di espressione. Feltri ripete quello che ha scritto nei suoi libri la Fallaci: c’è in atto uno scontro mortale di civiltà.
Pertanto bisogna aver paura e questa paura secondo Feltri, dev’essere inculcata anche ai bambini, che devono conoscere la verità. «Se vince l’islam, nella versione dei tagliagole o in quella dei predicatori nelle nostre moschee, non c’è differenza, e passa la legge coranica, la famosa “sharia”, sconosciuta ai più,niente “Topolino” e niente fotine e poster. Ma è finita anche con i giochi elettronici, con tutte quelle figure che si agitano sul video».
Bisogna farlo sapere a scuola che cos’è l’islam, farlo sapere ai bambini, anche ai compagni di banco marocchini.
Il testo polemizza con gli intellettuali, quelli che hanno gli occhialini, che sono mezzi teologi e mezzi islamologi, che hanno l’esclusiva occupazione di giornali, librerie, scuole, università, chiese e tribunali. Sono quelli che credono al multiculturalismo. «Perché, grazie alla magia del suo nome, ha il pluralismo incorporato, e dunque chi eccepisce si pone fuori dal consesso democratico. E’ una specie di partito unico, essendo già multipartitico nel nome». Per Feltri stiamo assistendo a una pre-invasione, un «pasturaggio culturale», che funziona come una specie di fumisteria di oppio. «Intasa le menti con la leggenda di un islam fiabesco, profumato di spezie, con tappeti volanti e il cielo stellato sopra bianchi minareti, insozzato dalle cattiverie occidentali».
Feltri non fa sconti a questi intellettuali, che peraltro in questi giorni manifestano contro il “mostro” Salvini, colpevole di tutto quello che succede sulla terra.
E’ colpa dell’Occidente se questi ragazzi, questi uomini armati, questi presunti islamici, ci sparano addosso. Siamo noi che li abbiamo provocati con le nostre satire, con le nostre immagini, come quella di san Giacomo“ammazzasaraceni”(Santiago Matamoros).
Nel testo Feltri fa anche dei nomi di illustri intellettuali, professori, come Vito Mancuso, che in un editoriale su Repubblica, scrive che l’islam vuol dire pace e si rifà alla logica aristotelica.
Feltri risponde polemizzando con quelli che continuamente gli fanno la domanda oziosa: «Ma lei l’ha letto il Corano?». Perchè non la pongono agli imam barbudos: «Perché loro sanno bene che cosa c’è scritto nel Libro – scrive Feltri – E non hanno nessuna voglia di sentirselo citare fuori dalla moschea. L’hanno letto in arabo, lo fiutano tra loro a memoria, e le traduzioni per loro non esistono, poiché sono pur sempre interpretazioni, e dunque deformano l’essenza di Allah che si è fatto libro». Tuttavia Feltri ammette che il Corano l’ha letto e peraltro ce lo racconta, a cominciare dal capitolo: Caccia agli “infedeli”, che poi saremo noi. Naturalmente Feltri snocciola tutte le frasi forti contro chi non è musulmano, citando la stessa Fallaci.
Il direttore di Libero racconta due episodi emblematici dove diventa protagonista il popolo musulmano e non tanto i terroristi. Infatti può scrivere: «Non sono gli incappucciati di nero, alti due metri, la nostra minaccia, ma è la folla che simpatizza, li culla, li nasconde, gli dà il latte, ed è pronta ad ammazzare in proprio gli infedeli[…]I marcantoni con i coltelli servono per la propaganda[…] è la gente comune musulmana a essere l’arma di distruzione letale degli infedeli». E subito racconta dell’episodio dove una giovane coppia cristiana in un villaggio del Pakistan, sono stati arsi vivi, buttati in una fornace, da una folla di musulmani che li accusavano di blasfemia. Naturalmente nessuno capopolo è stato denunciato.
Altro grave episodio riguarda 12 nepalesi, immigrati in Iraq per lavorare, hanno fatto una fine orrenda, sgozzati come agnelli. Feltri addirittura dedica tre pagine, senza risparmiarci i particolari, a cominciare dai loro nomi. Qui si capiscono tante cose. La Fallaci rimase colpitissima da questa cronaca. «Si commosse per questi dodici figli del popolo “andati in Iraq per guadagnare un dinaro pulendo i cessi altrui”. La Fallaci guardando il video viene colpita dal fatto che questi nepalesi non chinano mai il capo. Potrebbe essere un monito per noi, che abbiamo perso la dignità.
Per quanto riguarda chi deve interpretare certi versetti del Corano, anche Feltri vede la difficoltà che nel mondo islamico non esiste una gerarchia, non esiste un Papa, come nel mondo cattolico.
Anche Feltri polemizza con l’Occidente, soprattutto dove scrive che «Che abbiamo allevato noi i nostri carnefici». Tra l’altro è il titolo dell’ultimo libro della Fallaci. Ma risero di lei, la presero in giro. Non solo, viene processata in tribunale per rendere conto del suo odio razziale. Citando il filosofo francese Fabrice Hadjadj, si conferma che i vari terroristi che procurano attentati sono tutti francesi, cresciuti con noi e integrati, figli nostri.
Feltri si ritiene ateo, ma tifa per il cattolicesimo, se vincono gli altri, «ci esamineranno l’alito e troveranno senz’altro spie che racconteranno dove teniamo l’ultima bottiglia di whisky». Nell’ultimo capitolo però si espone e sottolinea quell’opera di “suicidio” condotto dall’intellighenzia nostrana, che vuole cancellare tutti i segni, principi e valori cristiani. Citando il filosofo Robert Scroton siamo all’«oicofobia», odio per la propria casa.
L’ultimo libro, «Isis. Lo Stato del terrore», di Loretta Napoleoni, scritto durante l’apoteosi del Califfato con capitale Raqqa, ma certamente utile per capire cosa è successo e cosa può succedere ancora. Infatti il testo della Napoleoni, tra i tre, è quello più scientifico, che va a fondo della storia del mondo musulmano, dà tante risposte ai quesiti che il terrore islamista ci pone davanti. Pertanto va letto e studiato.
Le decapitazioni dei prigionieri, la pulizia etnico-religiosa nelle zone occupate degli uomini vestiti di nero, sono immagini che tutti abbiamo presente. La Napoleoni nell’agile volumetto, cerca di rispondere alle domande più o meno ovvie: chi sono, da dove vengono, come hanno fatto a diventare potenti, cosa vogliono le milizie islamiche. Naturalmente la scrittrice ha studiato il fenomeno e può concludere che l’Isis, si distingue dalle altre organizzazioni o gruppo armato per la modernità e il pragmatismo. Pertanto dimenticate i Talebani o al-Qaida, questi dell’Isis sono un vero e proprio Stato, con un suo territorio, una sua economia e un’enorme attrazione per i musulmani fondamentalisti di tutto il mondo.
Basti pensare che per la prima volta dalla fine della Prima guerra mondiale, un’organizzazione armata ha ridisegnato la mappa del Medio Oriente tracciata dai francesi e dagli inglesi. La bandiera nera e dorata dell’Isis ha sventolato su un territorio più vasto del regno Unito o del Texas.
Domenico Bonvegna