“Non luogo a procedere”! Così recita la soluzione processuale di rito con la quale il Giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Roma, dott.ssa Marisa Mosetti, ha deciso di non rinviare a giudizio Rocco Leone e Mansour Rwagaza, i due funzionari del Pam accusati dalla procura della Repubblica di Roma di omicidio colposo per non aver adeguatamente garantito la sicurezza dell’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in un agguato nel nord est del Congo insieme al Carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo, il 22 febbraio 2021.
Formula asciutta e riassuntiva che ha un solo significato: non ci sarà nessun processo contro gli imputati e non si potrà nemmeno entrare nel merito delle accuse mosse dalla Procura di Roma. Si conclude quindi con un non luogo a procedere, a dispetto della gravità delle accuse mosse agli imputati: un caso di triplice omicidio, la cui dinamica non è mai stata chiarita e che, anzi, è sempre stata offuscata da contraddizioni, omissioni e reticenze assortite.
Un pressing, quello dell’Onu, dietro al quale si è mal celata la minaccia che, se l’Italia avesse perseverato sulla strada penale, sarebbe andata incontro a gravi violazioni dei trattati internazionali sottoscritti. Rimane l’impressione di un equilibrio che è stato ritenuto necessario ed anzi indispensabile, tra Nazioni Unite e Stati membri, in cui la vita di tre persone è stata sacrificata in nome del bene “superiore”…
In questo modo anche la speranza che il GUP avrebbe resistito a tale “necessario compromesso” sollevando profili di incostituzionalità di quel diritto consuetudinario posto alla base della decisione assunta.
Il focus della decisione riguarda la natura, sulla scorta delle Convenzioni internazionali del 1946 e del 1947, dell’immunità in capo ai funzionari delle Nazioni Unite e delle Istituzioni Specializzate, quali erano all’epoca del fatto gli imputati, per i fatti commessi nell’ambito delle funzioni esercitate. Il Giudice, aderendo ai precedenti della Corte Internazionale di Giustizia, nonché sulla scorta delle precedenti risoluzioni da parte del Segretariato Generale delle Nazioni Unite e delle prassi applicate al diritto internazionale, riferite in udienza da due Funzionari del MAECI, ha convenuto che l’immunità sussiste in capo agli imputati in quanto funzionari dell’Organizzazione Internazionale secondo le indicazioni storicamente formulate dalla stessa ONU, indipendentemente dalla comunicazione di tale qualifica.
Una decisione, motivata anche e non da ultimo proprio sulla scorta di un parere della Farnesina, secondo cui il diritto consuetudinario internazionale depone a favore della mancanza di responsabilità dei dipendenti Onu, che ha mutuato la posizione assunta in aula dal Pam.
“Preso atto della sentenza e delle sue motivazioni, rimane la speranza e l’attesa per le determinazioni che la Procura generale di Roma potrà assumere in merito all’eventuale impugnazione della stessa” spiega l’Associazione Vittime del Dovere, parte civile nel processo rappresentata dall’Avvocato penalista Sergio Bellotti.
“Riteniamo che sia fondamentale perseguire la verità e garantire che le responsabilità siano accertate. L’Associazione Vittime del Dovere si impegna costantemente per onorare la memoria di coloro che hanno sacrificato la propria vita al servizio dello Stato. Chiediamo che le autorità competenti riesaminino attentamente questa decisione e considerino l’importanza di verificare fino in fondo quanto è accaduto.
La morte di Luca Attanasio e di Vittorio Iacovacci è stata una tragedia che ha colpito profondamente la comunità internazionale, non possiamo permettere che l’immunità diplomatica ostacoli la ricerca di verità e giustizia. Sarà nostra cura ottenere approfondimenti e risposte adeguate affinché simili tragedie non si ripetano” così il Presidente dell’Associazione Vittime del Dovere, Emanuela Piantadosi.