I dati Istat sono inequivocabili: nel 2019 la popolazione italiana è in calo, siamo poco più di 60 milioni e registriamo -116 mila su base annua.
I numeri in calo sono modesti, ma la tendenza è quella di una Paese civile. Di chi prende atto che la popolazione nel mondo sta esplodendo, che tanti problemi che abbiamo sul Pianeta sono dovuti a questa esplosione, e che chi ne ha maggiore consapevolezza è bene che si comporti di conseguenza. Nel nostro caso, la consapevolezza è degli individui non certo delle istituzioni che, a ogni segnale in questo senso, lanciano subito allarmi e paventano provvedimenti.
La nostra situazione è quella di coloro che si possono permettere di decidere se fare figli o meno, ed è bene che sia così visto che Paesi in cui lo Stato in passato ha imposto un numero massimo di figli, hanno solo dovuto registrare il fallimento di queste imposizioni e cancellarle (il caso Cina è il più conosciuto).
Siamo, ed è bene che si continui ad esserlo, nell’ambito di scelte individuali. E questo non giustifica che le istituzioni devono farci pressione per fare figli, senza i quali, ci vogliono far credere, saremmo destinati ad una sorta di estinzione. Poi, tra quelli che vogliono convincerci a fare figli ci sono i più estremi: facendo finta di non comprendere la realtà delle migrazioni, strumentalizzandola quasi sempre a fini di maggior consenso elettorale, paventano il pericolo di una sostituzione etnica a danno di quella etnia (caucausica o addirittura solo italiana) che per loro sarebbe migliore e con maggiori diritti di essere sul Pianeta. Le migrazioni ci sono e continueranno ad esserci: niente potrà fermare un essere umano in cerca di pace e serenità e/o condizioni economiche che lo facciano vivere e non sopravvivere. Queste condizioni economiche vantaggiose sono diffuse più che altro nei nostri cosiddetti Paesi occidentali, grazie ad una ricchezza che abbiamo e
continuiamo ad acquisire a spese e danno del resto del mondo.
Per chi avesse ancora qualche dubbio, valga la lezione dell’epidemia cinese di coronavirus: ci riguarda tutti sul Pianeta, e tutti dobbiamo contribuire a debellarla. Quindi zone come Cina, subcontinente indiano, Sahel, sudest asiatico (per citare solo le zone con maggiori indici di esplosione natale), fintanto che anche lì non si sviluppi e si affermi la consapevolezza individuale, è bene che si equilibrino con Paesi in decrescita come il nostro. I loro problemi sono i nostri. Le nostre consapevolezze devono diventare anche le loro e viceversa. Se pensiamo di andare fra non molto a colonizzare il Pianeta Marte, l’unicità culturale, economica e demografica del Pianeta Terra va affrontata, anche dandosi regole comuni, migliori e più incisive di quelle che le Nazioni Unite oggi ci forniscono (e che, visti i poteri Onu, non potrebbero essere altrimenti).
Vincenzo Donvito, presidente Aduc