Anche quest’anno come ogni 4 novembre, in occasione della Giornata delle Forze Armate si è reso omaggio al Milite Ignoto. Il riferimento è a tutti i nostri soldati che sono scomparsi nella Prima Guerra mondiale. Nel 2021 in occasione del centenario dell’evento che si è svolto a Roma, proprio il 4 novembre 1921 (solenne sepoltura delle spoglie del soldato ignoto), si è svolto un Convegno di due giorni (13-14 Ottobre).
Del Convegno sono state pubblicate le relazioni in un volume (non in vendita) di carta patinata lucida, a cura dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa. Il titolo: “Il Milite Ignoto. Sacrificio del cittadino in armi per il bene superiore della nazione”. Al convegno sono intervenuti numerosi diversi studiosi, appartenenti al mondo militare e accademico, che hanno analizzato, in distinte sessioni, le ragioni di un sacrificio così elevato in termini di perdite umane, la composizione della società del tempo, la creazione del culto dei caduti quale “rito laico” in Italia e nelle nazioni uscite dalla guerra. Chiaramente il fine del testo, come degli altri pubblicati sulla Grande Guerra, organizzati sempre dall‘Ufficio Storico del V reparto dello Stato Maggiore della Difesa, hanno lo scopo esplicito di celebrare la Vittoria del nostro Paese di una guerra che il Papa di allora, Benedetto XV ha definito una “inutile strage”. Del resto dallo Stato Maggiore dell’esercito italiano non ci si può aspettare che motivazioni celebrative per una guerra assurda, estranea alle masse popolari. Non presenterò tutte le relazioni presenti nel volume, mi atterrò a segnalarne qualcuna a cominciare da quella della I Sessione “Il tributo di sangue”, dove nei tre interventi si sottolinea, “l’impatto della tecnologia e della burocrazia nei campi di battaglia della Grande Guerra”. La Prima Guerra mondiale è stata considerata uno spartiacque rispetto alle guerre passate anche per le micidiali armi usate per la prima volta durante il conflitto, si pensi alla mitragliatrice, ai cannoni a lunga gittata, ai carri armati, agli aerei, all’uso del gas dei treni etc. Si pensava che proprio, “per effetto delle capacità delle nuove armi e dei meccanismi di mobilitazione, una nuova guerra, se mai ci fosse stata, sarebbe stata breve e decisa dall’esito delle mosse iniziali[…]”. Invece sappiamo bene come è andata, nei primi tre mesi tra morti, feriti e dispersi i britannici persero 87.000 uomini, i francesi 854.00, i tedeschi 677.000, in una tragica dimostrazione dell’efficacia delle nuove armi.
Interessante il tema del secondo intervento: “Una società in guerra. Partire, combattere e morire nell’Italia del primo conflitto mondiale”. Si affronta il tema dell’arruolamento di massa. In Italia a differenza di altri paesi si prevedeva un reclutamento quasi integralmente nazionale, il coscritto doveva essere incorporato in un reparto dislocato al di fuori della propria regione. Il 43% appartenenti all’esercito mobilitato, cioè circa cinque milioni di italiani, “tenuti in armi”, due milioni e duecentomila erano giovani. In questa relazione, il professore Marco Mondini dell’università di Padova ricorda la renitenza verso la guerra, soprattutto con la guerra in corso; le regioni meridionali sono state quelle dove si è sviluppata la resistenza dei giovani di non partire per combattere. Gli italiani che si rifiutarono di presentarsi alla chiamata delle armi furono 470.000. Era un record rispetto agli altri Paesi europei. Sempre in questa relazione si affronta la partecipazione alla guerra degli studenti universitari e i pochi volontari. “Nonostante l’agiografia nazionalista postbellica abbia esaltato gli ardori guerrafondai dei giovani […]”, si pensi al cosiddetto “maggio radioso”, il contributo dei volontari all’ultima guerra del Risorgimento fu all’atto pratico inesistente, fu inferiore agli 11.000. L’ultima relazione tratta dell‘”impegno delle donne: conquiste, sacrifici, disillusioni”. Sostanzialmente le donne in maggioranza si opponevano alla guerra, anche perché il peso dell’assenza dei maschi nella società era pesante.“Contadine e operaie – afferma la professoressa Isastia dell’Università La Sapienza di Roma – affollarono i cortei neutralisti e cercarono anche di impedire le prime partenze dei richiamati”. La professoressa fa qualche esempio di città dove ci furono vere e proprie insurrezioni, in particolare a Torino, tra il 22 e il 26 agosto del 1917. Tuttavia, se l’Italia non fu ridotta alla fame fu merito delle donne che riuscirono da sole a svolgere tutti i lavori nei campi. In particolare un altro settore dove le donne si distinsero fu quello delle impiegate nei vari uffici. La II Sessione si occupa de “La Memoria dei caduti”. E qui si affronta il tema dei caduti ignoti. C’è un interessante libro di Lorenzo Del Boca, “Il Sangue dei terroni”, (Piemme). L’autore sostiene che nella Grande Guerra in maggioranza morirono i ragazzi del Sud.
Era, un’intera generazione spazzata via. Questi caduti, dei veri e propri “militi ignari”, erano contadini poveri, braccianti, piccoli artigiani, quasi per metà analfabeti, giovani di vent’anni che furono strappati alle loro famiglie e alla loro terra e mandati a morire in lande remote, tra montagne da incubo e pianure riarse. Inoltre sono morti e si sono sacrificati per interessi loschi ed oscuri di certe élite economiche che badavano solo al proprio tornaconto di una nuova classe politica che li trattava con ferocia e disprezzo. Gli interventi della II Sessione del Libro curato dall’ufficio storico dello Stato Maggiore della Difesa intende fare memoria di questi soldati caduti e soprattutto rispettarli e onorarli. Sostanzialmente si fa esplicito riferimento che ormai si tratta di un vero e proprio culto dei caduti, attraverso i cimiteri dei campi di battaglia, di monumenti e statue che si riferiscono ai caduti della guerra. Le statue di solito si ispirano a modelli greci che trasmettono un messaggio di forza, compostezza e armonia. Altre si ispirano a modelli cristiani, infatti, il modello più diffuso sarà la Pietà di Michelangelo. Statue in mezzo a Parchi, in mezzo alla Natura, dove facilmente si può contemplare il ricordo dei parenti e gli amici scomparsi. Il Milite Ignoto è nato in questo ambiente. Nel dopoguerra, secondo Mario Isneghi, si ebbe, una vera e propria “campagna monumentale di massa”. C’è un collegamento con le sculture monumentali che celebrano il Risorgimento, con l’esaltazione dell’epopea garibaldina. “In molti comuni italiani – per Maria Pia Critelli – i monumenti commemorativi ai caduti, che fanno parte spesso di una produzione serializzata, recuperano a volte il tema cristiano del compianto e del sacrificio, hanno connotazioni funerarie e insieme patriottiche e civiche”. Inoltre facendo ancora riferimento alle riflessioni della Critelli: “I monumenti ai caduti sono un riflesso dell’interpretazione ‘ufficiale della guerra, quella costruita e accreditata degli strumenti di formazione dell’opinione pubblica controllata dal potere: la guerra giusta, la guerra per la libertà, la guerra risorgimentale”. Nella relazione della bibliotecaria vengono ricordati alcuni lati oscuri della guerra, la fucilazione facile dei cosiddetti “maledetti”, di quei tanti militari condannati a morte e giustiziati dopo processi sommari o addirittura senza processo per non aver eseguito, a volte, ordini impossibili. C’è un interessante libro, peraltro citato dalla Critelli, di E. Forcella e A. Monticone, “Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale”, (Laterza, 1998) Viene citata anche la brigata Catanzaro, Sassari, che si sono ribellati a certi ordini dei loro ufficiali. Dal novembre 1916 il metodo della decimazione era stato applicato dall’esercito italiano. In tutte le relazioni del testo sono presenti immagini e fotografie inerenti al tema trattato. Cartoline, opuscoli di necrologio, manifesti, chiamati “Monumenti di carta”. In particolare da osservare le immagini ne“Il viaggio del Milite Ignoto e le sue testimonianze documentarie”, a cura del vicedirettore del Museo Centrale del Risorgimento, Marco Pizzo. Il corteo del Milite Ignoto che rappresenta tutti i soldati caduti, ha riferimenti risorgimentali, il testo lo paragona a quello allegorico organizzato a Roma in occasione della morte di Giuseppe Garibaldi. A Roma si radunarono il 4 novembre 1921, dalle 330 alle 400.000 persone, per celebrare una sorta di “coreografia della morte”.
La 3a Sessione è dedicata a “Il Cittadino in armi”. In questa sessione i relatori affrontano i temi inerenti alle varie armi, la Regia Marina, l’uomo aviatore. Una nuova figura di combattente. L’Arma dei Carabinieri nella Grande Guerra, infine, il sacrificio delle Fiamme Gialle. Relazioni corredate da tanta documentazione fotografica. La 4a Sessione: “Il Ricordo della vittoria”, si affronta il tema del carattere simbolico dei Sacrari italiani. Il significato del Vittoriano e il Milite Ignoto.
Il dovere e la memoria – l’evoluzione delle celebrazioni del 4 novembre; Cento anni dopo: il significato del Milite Ignoto per i giovani. Qualche considerazione merita la relazione di Lorenzo Cadeddu, che dopo aver sintetizzato i fatti dell’ultimo anno di guerra, si sofferma sul dolore di quei familiari che non hanno visto tornare il proprio familiare dalla guerra che aveva falcidiato decine di milioni di vite umane. Infine si sofferma sull’istituzionalizzazione del culto dei caduti in tutti i Paesi d’Europa.
DOMENICO BONVEGNA
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