MESSINA – Maggiore tutela della parte offesa quindi rafforzamento dei diritti della vittima, posizione “ibrida” del pubblico ministero, modifica dei criteri di accertamento della responsabilità penale e della punibilità, nuove strategie d’indagine, rischio del ritorno all’istruzione sommaria: sono solo alcuni degli importanti spunti di riflessione emersi sul tema del quale si discute in questi giorni, la Riforma della giustizia penale, intorno alla quale si sono alzate numerose voci di protesta da parte della magistratura e dell’avvocatura proprio nelle ultime ore.
Dubbi, prospettive, novità sono stati analizzati in occasione del convegno “Azione e tutela di situazioni soggettive nel processo penale. Antiche e nuove sfide” promosso da Università di Messina e Ordine degli avvocati nell’aula 2 del Dipartimento di Giurisprudenza.
Dopo i saluti istituzionali del direttore del Dipartimento di Giurisprudenza Francesco Astone, intervenuto anche in rappresentanza del rettore Salvatore Cuzzocrea e della coordinatrice del Dottorato in Scienze Giuridiche Concetta Parrinello, del direttore della Scuola di specializzazione per le professioni legali “Enzo Silvestri” Angelo Federico e dell’ordinario di Storia del diritto medievale e moderno e delegato alla formazione dell’Ordine Antonio Cappuccio, moderatore dell’incontro, il quale ha portato il saluto del presidente Domenico Santoro, i temi sono stati introdotti dall’ordinario di Diritto processuale penale UniMe Stefano Ruggeri. “L’irrobustimento della regola di giudizio potrebbe sembrare un invito per gli organi inquirenti ad approfondire le indagini – ha detto Ruggeri – e potrebbe pregiudicare valori fondamentali della Costituzione, come il contraddittorio, perché il parametro del giudizio prognostico di colpevolezza non è più la sostenibilità dell’accusa in giudizio ma la condanna, dunque cambiano i criteri di accertamento della responsabilità penale”. Ruggeri ha poi fatto una panoramica su aspetti specifici della riforma per dare la possibilità agli illustri relatori di analizzarli, con riferimenti alla giurisprudenza europea e all’impatto delle nuove tecnologie nell’ambito delle indagini preliminari.
Marco Nicola Miletti, ordinario di Storia del diritto medievale e moderno dell’Università di Foggia, ha parlato di posizione “in bilico” del pubblico ministero con un excursus sulla storia processuale penale italiana, particolarmente interessante. Daniele Negri, ordinario di Diritto processuale penale dell’Università di Ferrara, ha parlato del problema relativo alla modifica della regola di giudizio: “La riforma incide sull’alternativa tra esercizio dell’azione penale e archiviazione e il controllo sull’udienza preliminare diventa il nodo nevralgico sul quale si scaricano le tensioni, sia “indietro” che in “avanti” nella proiezione del processo”. Poi si è soffermato sul rischio di un “ritorno all’istruzione sommaria”.
A seguire gli interventi di Antonio Balsamo, presidente del Tribunale di Palermo, il quale ha sottolineato il legame che sembra sussistere tra la regola della ragionevole previsione di condanna e la regola decisoria dell’oltre ogni ragionevole dubbio; Isabella Barone, avvocato del Foro di Messina, la quale si è mostrata critica nei confronti della riforma ma favorevole alla separazione delle carriere tra magistratura requirente e magistratura giudicante; Marco Gradi, associato di Diritto processuale civile dell’UniMe, il quale ha evidenziato l’eccessiva genericità di alcune espressioni contenute nella legge delega, confrontando l’esperienza processualpenalistica con l’azione civile.
Seguono il dibattito con i partecipanti e gli interventi di alcuni giovani studiosi: Antonella Falcone, Elísea Malino, Viviana Di Nuzzo e Claudio Orlando. Le conclusioni e il dibattito sono stati affidati a Enrico Marzaduri, ordinario di Diritto processuale penale dell’Università di Pisa.