Il nostro Paese vive una situazione di rischio idrogeologico complessa, derivante anche dalle caratteristiche geomorfologiche che da sempre lo caratterizzano. Montagne, colline, pianure e coste sono un asset fondamentale del sistema socio-economico, ma ne possono rappresentare anche una criticità.
Rischio idrogeologico in Italia, un dato emergenziale in crescita
Il 91% dei Comuni italiani è a rischio idrogeologico, con oltre 7 milioni di persone che risiedono in aree vulnerabili spesso non avendone coscienza. Quest’ultimo anno ci ha mostrato quanto alluvioni, frane, e siccità siano eventi sempre più devastanti e sempre più ravvicinati, data la loro relazione causa-effetto. Il PNRR affronta la sicurezza del territorio come un aspetto fondamentale «per assicurare la salute dei cittadini e, sotto il profilo economico, per attrarre investimenti».
Interventi specifici dal PNRR
È nella Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” Componente 4 “Tutela del territorio e della risorsa idrica” che si trova diretto riferimento alla sicurezza del territorio. Si tratta di circa 15 miliardi per il monitoraggio e la previsione di fenomeni naturali critici (rischi idrogeologici, salvaguardia delle aree verde e della biodiversità, eliminazione dell’inquinamento delle acque e del terreno, e disponibilità di risorse idriche) per garantire la miglior pianificazione e prevenzione, oltre alla gestione delle emergenze. In particolare, 2,49 miliardi di euro sono assegnati all’Investimento 2.1 “Misure per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico”.
L’investimento è articolato in due sub investimenti:
- strutturali e non strutturali nei territori più a rischio a cui sono destinati 1.287 milioni di euro, con interventi effettuati entro la fine del 2021 la cui titolarità è in capo al Ministero per la Transizione Ecologica (MITE);
- in favore delle aree colpite da calamità a cui sono destinati 1,2 miliardi di euro per il ripristino delle infrastrutture danneggiate e per la riduzione del rischio residuo sulla base di piani di investimento elaborati a livello locale e approvati dal Dipartimento della Protezione Civile entro la fine del 2021.
L’obiettivo è di arrivare, entro marzo 2026, a 1,5 milioni di abitanti protetti.
Il punto sull’attuazione
Per quanto riguarda il percorso di raggiungimento dell’investimento 2.1.b, con il decreto 23 agosto 2022 pubblicato in G.U. del 5 dicembre 2022, sono state regolate modalità di assegnazione e trasferimento delle risorse finanziarie verso Regioni e Province Autonome. In particolare, sono previsti 400 milioni di euro verso interventi già in essere, e 800 milioni di euro per il finanziamento di nuovi interventi. Le scadenze temporali prevedono che entro il 31 maggio 2023 ciascun soggetto attuatore pubblichi i bandi di gara ovvero avvii la procedura di affidamento degli interventi. Il termine ultimo per la realizzazione degli interventi è fissato per il quarto trimestre del 2025.
Conoscenza dei territori e sinergie come asset per l’attuazione
Come riportato nelle linee programmatiche del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, presentate dal Ministro Pichetto Fratin a fine novembre scorso, il principale ostacolo alla corretta realizzazione delle azioni a contrasto del dissesto idrogeologico è la strutturale difficoltà nello spendere risorse. Non certo una novità per il Sistema-Paese, ma che deve essere affrontata, come riportato dallo stesso Ministro, tramite una sinergia di intenti che attraversi strutture tecniche e amministrative. A tal fine, l’Istituto Superiore per la protezione civile e le Autorità di bacino distrettuale saranno oggetto di supporto specifico con interventi proposti dal Ministero nella Legge di bilancio. Mai come su questo tema è necessario agire tramite professionalità e competenze specifiche sui territori di intervento, ma con una visione trasversale e integrata rispetto anche alle necessità nazionali.
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Claudia Bugno – Responsabile per l’Istituto dell’Osservatorio per lo Sviluppo dei Territori Eurispes/RGS