9.272 chiamate ricevute dal numero telefonico di emergenza 1522 nei primi 9 mesi del 2023 riguardavano richieste di aiuto o segnalazione di casi di violenza subita dalle donne. In circa 3 casi su 5 le chiamate erano relative a donne con figli per più della metà (54%) minorenni. Sono state quindi più di 3300 le chiamate che segnalavano casi di violenza sulle donne che coinvolgevano bambini, bambine e adolescenti vittime di violenza assistita, diretta o indiretta. In generale, considerando anche i figli maggiorenni, più di 3500 chiamate segnalavano figli che avevano assistito in prima persona alla violenza e, tra questi, quasi 1.500 l’avevano direttamente subita.
Alla vigilia della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne, Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, lancia un forte allarme per i gravi e duraturi effetti della violenza di genere domestica o intra-familiare sui figli delle vittime.
Quando una mamma è vittima di violenza, i figli sono in ogni caso esposti alla violenza: in modo diretto, quando la violenza avviene nel loro campo percettivo – la vedono o la sentono -, oppure in modo indiretto, quando la subiscono prendendo coscienza di quello che sta accadendo, osservando gli effetti stessi della violenza sul corpo della mamma, per esempio lividi e ferite, sulla sua psiche, stress e paura, sull’ambiente in cui vive, per esempio vedendo tavoli e porte rotte, nell’alterazione della normale vita familiare.
Come risulta anche dall’esperienza sul campo dell’Organizzazione nell’ambito di alcuni progetti di intervento per la prevenzione e la protezione dei minori esposti al rischio o vittime di violenza assistita e dei minori orfani di femminicidio, le conseguenze della violenza sono gravi e profonde non solo per le donne, che ne sono vittime dirette, ma anche per i figli e le figlie, che subiscono effetti negativi sullo sviluppo fisico e cognitivo, sul comportamento e sulla capacità di socializzazione – paragonabili, nel caso dei minori, a quelli di un abuso diretto- con gravi ripercussioni sulle loro relazioni future. Il forte stress che ne deriva può produrre effetti negativi sull’autostima e senso di colpa, e può suscitare sentimenti di paura costante, tristezza e rabbia legate al senso di impotenza e all’incapacità di reagire, ma anche ansia e impulsività o alienazione e difficoltà di concentrazione. Nel lungo periodo non è rara la comparsa di depressione, disturbi del sonno o dell’alimentazione, e, nei casi più gravi, la tendenza suicida. L’impatto psicologico sui minori coinvolti è ancora più devastante nei casi di femminicidio, per le conseguenze profonde sull’intera sfera di vita e relazione degli orfani, che riguarda anche agli adulti di riferimento ai quali essi vengono affidati, in prevalenza familiari delle vittime stesse.
“Per un bambino o una bambina, le mura domestiche dovrebbero essere un luogo dove crescere al sicuro e sentirsi protetti. Quando i bambini assistono quotidianamente a comportamenti violenti perpetrati sulla madre, i loro modelli sono ribaltati e le conseguenze sono devastanti. Sono vissuti così gravi che dovrebbero spingerci a fare ogni sforzo possibile per prevenirli, ma nonostante il fatto che l’ampiezza e la pervasività della violenza sulle donne nel nostro Paese sia sempre più evidente e chiami tutti ad una assunzione di responsabilità senza sconti, l’impatto che la violenza sulle loro madri ha su bambini, bambine e adolescenti rimane spesso sommerso, con il rischio di non riuscire ad utilizzare efficacemente strumenti di prevenzione e interventi di sostegno e accompagnamento adeguati. Proprio per questo, Save the Children, già da anni porta avanti un impegno diretto a fianco di tanti centri antiviolenza e delle case rifugio, per far emergere i casi di violenza e proteggere le vittime coinvolte”, ha dichiarato Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children.
Anche se si tratta di un fenomeno in gran parte sommerso, e addirittura non esiste ancora neanche un sistema che tenga conto del numero esatto degli orfani di femminicidio (oltre 200 in un anno secondo le stime)[1], non mancano evidenze che sarebbero sufficienti a delineare l’ampiezza del numero di minori vittime di violenza assistita. Solo tra i minorenni presi in carico dai Servizi Sociali, le vittime di violenza assistita rappresentano infatti il 32,4% di tutti i minori, e tra i casi emersi di maltrattamento, questa è la seconda forma più diffusa in Italia, dopo le patologie della cura (incuria, discuria, ipercura)[2].
“Nel nostro Paese sono stati fatti alcuni passi avanti significativi sul piano legislativo e programmatico, ma gli strumenti e i sistemi di tutela e protezione dei minori vittime di violenza assistita e orfani di femminicidio sono ancora ampiamente carenti. Occorre istituire un Osservatorio nazionale permanente che raccolga dati sistematici sulla violenza assistita – spesso ancora invisibile – per orientare efficacemente gli interventi, e definire, con assoluta priorità, un nuovo Piano Nazionale Antiviolenza pluriannuale che preveda interventi mirati in questo campo, per prendere avvio nel 2024 e così garantire continuità rispetto a quello in scadenza. Abbiamo accolto con favore in questi giorni l’approvazione della legge per il contrasto della violenza di genere, alla quale Save the Children – nell’ambito del Progetto Respiro promosso dall’impresa sociale Con i Bambini – ha potuto contribuire direttamente, proponendo un emendamento che agevola l’accesso ai fondi per gli orfani di femminicidio, senza che debbano obbligatoriamente prima agire in giudizio nei confronti del femminicida, che spesso è il padre. E’ necessario in ogni caso un impegno per assicurare un accesso a fondi sufficienti a garantire percorsi individualizzati di lungo periodo con una presa in carico completa, di tipo psicologico, educativo, formativo e sociale dei minori e delle famiglie affidatarie, e che vengano armonizzate le procedure in atto presso le singole Prefetture competenti.” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children.
Tra i progetti di intervento attraverso i quali Save the Children è impegnata da alcuni anni in Italia per la prevenzione, l’emersione e la protezione delle donne vittime di violenza domestica dei loro figli e figlie vittime di violenza assistita e dei minori orfani di femminicidio, , i progetti Ad Ali Spiegate e Punto d’Ascolto i Germogli. Ad Ali Spiegate, implementato in collaborazione con alcuni Centri Antiviolenza e Case Rifugio, che quest’anno ha coinvolto 77 donne e 118 minori beneficiari di doti di autonomia e protezione, e molti studenti beneficiari di percorsi di sensibilizzazione su educazione all’affettività e alle relazioni non violente, è un intervento integrato per il contrasto del fenomeno della violenza domestica e assistita. Il progetto Punto d’Ascolto I Germogli, attivo a Brindisi, Roma, Torino, Ancona, Milano e Catania, dove ha coinvolto 255 donne e 447 figli/e testimoni accolti e accompagnati ai servizi territoriali specializzati, come i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio, è un servizio pensato per incrementare l’emersione della violenza domestica e assistita, facilitare l’accesso alla protezione e incrementare il sostegno per le vittime dirette e indirette. Inoltre, il progetto Respiro, che ha mappato 305 minori orfani di femminicidio in 6 regioni dell’Italia meridionale, prendendone in carico circa 100 anche attraverso doti di sostegno e accompagnamento individuali, è una delle quattro iniziative tra loro analoghe sostenute dall’Impresa Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà̀ educativa minorile nelle sei regioni dell’Italia meridionale. Gli obiettivi del progetto Respiro includono la mappatura regionale dei casi di interesse, le attività di prevenzione, la presa in carico, anche in emergenza, degli orfani e sostegno alle famiglie affidatarie, sensibilizzazione attraverso laboratori di prevenzione primaria per bambini/e al fine di promuovere competenze sulla capacità di chiedere aiuto in situazioni di difficoltà, violenza, maltrattamento, abuso e percorsi educativi per ragazzi/e ed adolescenti per la messa in discussione dei modelli di relazione basati su stereotipi di genere, educazione all’affettività e alle relazioni non violente, una formazione specifica, mirata e continua per operatori dei servizi socio-sanitari, dei Centri Antiviolenza e per i/le professionisti/e in genere, impegnati su questa tematica nella loro attività sul campo.
In generale, attraverso i suoi progetti, Save the Children ha contribuito direttamente alla formazione di più di 1.700 professionisti/e sulla tematica e sugli aspetti specifici della violenza domestica e di genere assistita. Il progetto Respiro è finanziato dalla Impresa Sociale Con i Bambini e realizzato in partenariato con cooperativa sociale Irene ’95 (nel ruolo di capofila), CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia), Terre des Hommes, Consorzio CO.RE., Azienda Ospedaliera Giovanni XXIII di Bari, APS Progetto Sirio, CENTRO FAMIGLIE Catania, Associazione THAMAIA, CIPM Sardegna, Coop. sociale KOINOS, Associazione CESTRIM, APS SINAPSI.