Il Consiglio Europeo, dopo un “tour de force” notturno, ha deciso – sostanzialmente – di non decidere in materia di immigrazione. Risultati, commenti, osservazioni, notizie, si trovano ovunque. Noi qui vogliamo solo mettere i puntini sulle “i” di deficit, per quantificare ed evidenziare come, se si vogliono trovare soluzioni in ambito europeo (per noi l’unico fattibile), occorre cambiare registro, tempi e modalità.
I salvataggi dei migranti devono avvenire a norma del diritto internazionale e i centri di accoglienza sono su base volontaria. Questo hanno “deciso”, che è quanto stabilito dal Trattato di Dublino. Poi ognuno dei capi di Stato e di Governo presenti a questo Consiglio, ha rilasciato dichiarazioni sostenendo di aver vinto. Bontà loro. L’unica cosa che ci è sembrata è che il presidente del Governo italiano, Giuseppe Conte, entrato bellicoso contro il presidente francese, Emmanuel Macron, ne sia uscito a braccetto dello stesso, assecondando la proposta francese dei cosiddetti hotspot sotto bandiera europea nei Paesi di primo ingresso (Italia, Spagna e Grecia), dove i migranti economici dovrebbero essere rispediti indietro, mentre quelli richiedenti asilo dovrebbero essere smistati tra alcuni Paesi europei che, su basa volontaria, li potranno ospitare. I soldi comunitari circoleranno solo in quei Paesi che avranno i “centri controllati”.
Belle modifiche…. Noi crediamo che non ci siano stati vincitori, ma solo sconfitti, e questi ultimi non erano alla riunione di Bruxelles, ma nei barconi che solcano il Mediterraneo e che, solo la settimana scorsa, grazie al “blocco” imposto – di fatto – all’attività di alcune ONG, hanno seminato in mare 220 morti.
Infatti, cosa succedera’ ai migranti che continueranno a partire dalle coste africane? Crediamo che saremo costretti ad assistere a quei balletti e scaricabarile che hanno caratterizzato le ultime settimane, da quando il ministro italiano dell’Interno ha posto il suo “niet”.
Giusto o sbagliato che lo si possa giudicare, è comunque un “niet” il cui prezzo sono vite umane, colpevoli di essere tali e per di più povere e disgraziate, provenienti da dimensioni che sono quel che sono per aver dato ricchezza a quei Paesi verso cui questi disgraziati cercano di entrare.
E’ la politica, mi si dirà. Certo, anche questa è la politica. Ma per noi è disumana, incivile, suicida.
Il contributo che vogliamo qui dare per capire come nasce e come si alimenta una politica del genere, è istituzionale. Cercare di spiegare e capire chi oggi siamo e dove vogliamo andare.
L’incontro europeo è stato quello del Consiglio Europeo che, composto dai capi di Stato o di governo dei singoli membri, sbrogliandosi dalle procedure delle istituzioni dell’Unione, ha il compito di definire l’indirizzo politico dell’Ue ed esaminare i principali problemi del processo di integrazione. Il Consiglio europeo non va confuso col Consiglio dell’Unione Europea (che ha il potere legislativo dell’Unione al pari del Parlamento Europeo). E non deve essere confuso neanche col Consiglio d’Europa (organizzazione internazionale indipendente dall’UE). In soldoni: il Consiglio europeo è quello che nelle cose di un certo peso conta, perché se non ci sono i consensi degli Stati sovrani, in Ue non c’è foglia che si possa muovere. Il Consiglio europeo è quindi una sorta di contraddizione di quello che banalmente ci si possa immaginare dell’Ue e del processo di costruzione di quel soggetto che quelli come noi – federalisti europei – vorrebbero costruire.
Sul pratico dell’argomento di cui stiamo scrivendo: Non esiste un soggetto politico europeo che abbia una visione europea dei problemi e prenda di conseguenza decisioni per l’Europa tutta. Esiste, invece, una sorta di confederazione che risponde a scarse regole (visto che il Consiglio europeo è sganciato dai meccanismi dell’Unione) e che, non a caso, fa affrontare i problemi di un certo peso ad un’assemblea di capi di Stato, dove ognuno ha come proprio imperativo quello di rispondere alla propria nazione.
Chiarito questo, va da sé che non ci si poteva aspettare altro dall’incontro di Bruxelles che ha confermato ciò che già c’era in materia di immigrazione. Quindi, il problema non è che manchi la volontà politica per affrontare e risolvere i problemi europei, o che il nostro premier Conte sia andato a braccetto col precedentemente vituperato Macron, o che abbiano vinto i Paesi di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca) o la moderazione della tedesca Angela Merkel. No, il problema è che un organismo del genere è quello che è, il riflesso degli Stati Nazionali e, al massimo (come accade da sempre e anche in questo caso) possono arrivare ad una conclusione che, non violando nessuna “legge” (il Trattato di Dublino nella fattispecie) debba tener conto del singolo e non scalfibile potere sovrano di ognuno di loro. Con tutto il rispetto, anche peggio dell’ONU!! Altro che Stati Uniti d’Europa.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc