Le relazioni, umane o economiche che siano, oggi, per la maggior parte, si sviluppano in un contesto dominato dall’interesse di scambio.
Il mondo del lavoro e dell’impresa è totalmente impregnato da questo tipo di mentalità, tant’è che termini quali contaminazione, collaborazione, condivisione, mutuo aiuto sono concetti totalmente espulsi dalle relazioni professionali o relegati nelle ridotte di convegni accademici dove luminari del pensiero economico spiegano quanto sarebbe bello avere una economia orientata alla persona più che al profitto, gli stessi però non mancano di sottolineare come purtroppo le ferree leggi del mercato impongono una mentalità da “homo homini lupus“.
Ma il mercato non è un’entità che si autocrea o si autoalimenta, è pur sempre una realtà formata da uomini e in quanto tale è sempre soggetta a delle eccezioni.
Proprio di queste eccezioni si è discusso al Meeting di Rimini, presso lo stand della Federazione Nazionale dei Centri di Solidarietà, durante un incontro dal titolo: “Il rischio della libertà” al quale hanno partecipato le opere di Contagiamoci-Fondazione Cattolica e le opere impegnate nel progetto “Social Neetwork“.
Ne è venuto fuori che in Italia ci sono ancora realtà sociali che interpretano il mercato, l’economia e la società con un pensiero diverso da quello imposto dal mainstream dominante. Realtà sociali che quotidianamente lavorano per costruire nuove opportunità e nuovi spazi di libertà dove le persone possano esprimersi senza particolari vincoli con l’unico obiettivo di riuscire a scoprire quale contributo unico e originale è chiesto loro di apportare al mondo.
Sono, proprio queste realtà del Terzo settore che Fondazione Cattolica sostiene nel tentativo di renderle autonome e in grado di autosostenersi a prescindere dai contributi erogati dallo Stato. Autonomia che si rende necessaria a causa dell’evidente compressione del welfare, come l’abbiamo fin qui conosciuto, e stimolati anche dalla riforma che pende sul Terzo settore che stenta a trovare compimento.
In questo ripensamento del proprio modo di operare e di stare di fronte alla realtà si intravede l’inizio di una possibile rivoluzione che può condurre alla costruzione di nuove forme di sussidiarietà libera con la società che si organizza non più in funzione dello Stato, ma a partire dai bisogni, dai desideri e dai talenti delle persona.
La sfida di cambiamento che sta interessando il Terzo settore è stimolante da tutti i punti di vista e si può affrontarla prendendo sul serio il suggerimento avanzato dal segretario generale di Fondazione Cattolica che ha chiesto alle opere sociali con le quali è in rapporto di divenire “custodi” le une delle altre. La sfida è aperta per quanto riguarda la rimodulazione dello stato sociale e qualcuno è già al lavoro.
Nicola Currò