UN GIUSTO TRATTAMENTO DELLA MAGISTRATURA ONORARIA PER RISPETTARE IL DIRITTO DELL’UNIONE GARANTENDO LA TENUTA DEL SISTEMA

L’intervento di AssoGOT  alle cerimonie distrettuali di inaugurazione del nuovo anno giudiziario

Signor Presidente, Signor Procuratore Generale,  Magistrati,  Avvocati, Autorità, Signore e Signori

 

i magistrati onorari avvertono, ogni anno di più, disagio e malessere nel prender parte a cerimonie ove si continua a considerarli degli “estranei della giurisdizione” e a non curarsi della loro indecorosa condizione.

Il trattamento sempre più insostenibile cui sono sottoposti è oggetto di aspre e mortificanti reprimende in sede euro unitaria, ma viene in patria bellamente ignorato: non solo non assurge a tema prioritario, ma anche negli interventi che abbiamo ascoltato viene a stento lambito con fugaci e vuoti accenni, quasi non fosse un affare della Giustizia italiana.

I giudici onorari di tribunale, i vice procuratori onorari e i giudici di pace si sentono discriminati e respinti da un apparato giudiziario del quale – per restare alla bizantina, surreale espressione spesso usata dal CSM – “fanno parte” ma che “non compongono”.

In Paesi diversi dal nostro la dedizione, la competenza e l’elevata produttività di cui la categoria continuamente dà prova sarebbero apprezzate, se non addirittura premiate. Invece in Italia, pur incassandone gli enormi benefici, si continua a parlare di “anomalia” e con pseudo-riforme, visibilmente incostituzionali, se ne pianifica una graduale marginalizzazione.

E’ questa, del resto, la logica già applicata ai colleghi in servizio nelle Corti d’appello: giudici dichiarati “abusivi” ma che fanno talmente comodo da indurre il Giudice delle Leggi a statuire, con evidente incoerenza, di lasciarli operare almeno per un altro lustro, così determinandosi una inedita incostituzionalità condizionata o ad libitum, motivata dal bilanciamento degli interessi in gioco.

Allo stesso modo si pensa di utilizzare i GOT nei tribunali solo finché farà comodo, ovvero fino a quando materie e affari non grati resteranno di competenza di tali Uffici, mentre non appena verranno estese le attribuzioni dei giudici di pace, ad occuparsene saranno nuovi precari, reclutati alla bisogna. Pazienza per i vecchi GOT, abbandonati dopo decenni di servizio ad un buio destino di esodati … senza neppure la prospettiva di una futura pensione!

 

Eppure sappiamo che “la maestà della Giustizia risiede intera in ciascuna sentenza emanata dal giudice in nome del popolo sovrano“. Risiede, cioè, nella funzione e non nella persona dinnanzi alla quale si svolge il processo, essendo del tutto indifferente che si tratti di un magistrato onorario o di magistrato di ruolo.

Quando si discute di magistratura onoraria viene meno qualsiasi canone di coerenza e rigore solitamente associati alla norma giuridica e ci si addentra in un universo parallelo dove al legislatore, all’organo di autogoverno o ai singoli uffici  tutto è consentito, malgrado la pendenza di una gravosa procedura d’infrazione.

Ci si muove, per esempio, sul crinale scivoloso della “volontarietà”, giungendo ad affermare che la prestazione svolta dai magistrati onorari non ha natura lavorativa ma configura un “atto di liberalità” in favore del Ministero. Alla tutela fondamentale dei diritti della persona e del lavoratore si antepongono l’ “interesse dell’Ufficio” e il “buon andamento della Pubblica Amministrazione”.  Vietato, poi, parlare di remunerazione o di retribuzione: meglio riferirsi ad “indennità” che da un lato, data la natura non retributiva, non vengono mai incrementate né sottoposte ad adeguamento ISTAT, dall’altro sono però bizzarramente tassate, come veri e propri redditi da lavoro.

Ed ancora, caso davvero unico, i magistrati onorari restano vincolati per tutta la vita, come se ne fossero accessori pertinenziali, all’ufficio in cui presentarono l’originaria domanda, magari venti o trent’anni prima, quando ancora non avevano costituito una famiglia, non avevano la necessità di assistere un familiare disabile o di sottoporsi, essi stessi, a cure mediche presso strutture distanti dal luogo ove prestano servizio.

Ci chiediamo come sia possibile che questa barbarie giuridica ed umana che è la condizione quotidiana dei magistrati onorari, possa aver assunto stabile dimora nei presidi giudiziari di un Paese per altri versi evoluto, impregnando di sé atti, pareri, circolari, delibere, sentenze.

Com’è possibile che per giustificare questo ingiustificabile status quo si ricorra ancora oggi alla figura del “funzionario onorario” che manifestamente non ha alcuna attinenza con i magistrati onorari in carne e ossa e che suscita agli occhi delle istituzioni europee sconcerto e incredulità?

Basta leggere, tutte d’un fiato, le 31 pagine della messa in mora complementare del 15 luglio 2022 per rendersi conto di come la Commissione europea non intenda affatto desistere dalla procedura d’infrazione per l’assenza di tutele, ma anzi, con toni espliciti, fustighi il legislatore italiano non solo con riferimento alla riforma Orlando ma anche con riguardo alle recenti modifiche introdotte con la legge di bilancio del 2022.

Nessun magistrato onorario è in servizio a seguito di nomina politico-discrezionale, svolge attività marginale, occasionale e autonoma, o lavora per ottenere un mero rimborso spese. Tutti hanno

 

sostenuto un concorso per titoli a seguito di un bando pubblico e hanno superato un tirocinio professionale; tutti sono stati sottoposti a procedure di conferma e lavorano osservando, sotto pena di sanzioni disciplinari, le tabelle e le disposizioni dell’ufficio, rispondendo ad interpelli rigidamente basati su competenze e curriculum; tutti svolgono attività lavorativa in modo stabile, intenso e continuativo, per lo più con anzianità ultra decennale, per mantenere se stessi e le proprie famiglie, offrendo al sistema un apporto  significativo e irrinunciabile.

Sarebbe ora di mettere da parte disonorevoli mistificazioni e descrivere finalmente la realtà, nel rispetto che è dovuto alle persone, prima ancora che alla legge.

Non è eticamente accettabile sostenere che “il contenzioso che ha interessato la magistratura onoraria presenta numerosi profili di somiglianza con le problematiche dei precari della scuola”. L’ accostamento alla soluzione adottata con la sentenza Mascolo è del tutto improprio e qualsiasi giurista, anche inesperto, non può che rilevare l’abissale differenza tra le due vicende.

Gli uni – i docenti precari –  chiedevano di essere risarciti esclusivamente per l’abusiva reiterazione dei contratti di lavoro a termine avendo avuto, per il resto, la corresponsione integrale di ogni singola spettanza retributiva, previdenziale e assistenziale, prevista per i lavoratori comparabili assunti a tempo indeterminato.

Gli altri – i magistrati onorari – ad eccezione delle indennità a cottimo, congelate e mai rivalutate, per l’intera durata del servizio non hanno mai percepito NULLA, restando pertanto creditori verso lo Stato non solo del risarcimento per la reiterazione abusiva dei contratti, ma anche degli importi legati alla negazione totale e sistematica di diritti indisponibili e che tutti dovremmo ritenere sacri e inviolabili, in quanto connaturati a quello che è il valore fondante della nostra Repubblica: IL LAVORO.

Un autore caro al nostro Ministro della Giustizia ricorda che “la cura del giudice, nella sua interpretazione della legge, non deve essere soltanto limitata al caso specifico che viene sottoposto al suo giudizio, ma estendersi anche alle conseguenze, buone o cattive, che possono derivare dalla sua sentenza nell’interesse generale”.

Allo stesso modo, la cura del legislatore dovrebbe sempre guardare alle conseguenze che possono derivare dalla norma alla generalità dei consociati.

Certamente non ha agito da buon legislatore chi ha introdotto un precetto scellerato quale è l’art. 1, comma 629, n. 5, della legge n. 234/2021. Con tale disposizione è stato imposto a lavoratori precari e sottopagati, fragilizzati dall’emergenza sanitaria e dalla crisi economica, di presentare una domanda per poter conseguire, all’esito dell’ennesima procedura di valutazione, un oscuro trattamento economico e previdenziale, nonché una permanenza in servizio cui avevano peraltro già diritto, in forza della legge vigente e di decreto di conferma emanato dal Custode dei Sigilli.

 

Da quella semplice domanda, sostanzialmente estorta a chi non voleva o non poteva permettersi una immediata decadenza dalle funzioni scaturirebbe, con ineluttabile automaticità, la rinuncia tombale ai diritti di lavoratore: “La domanda di partecipazione alle procedure valutative di cui al comma 3 comporta rinuncia ad ogni ulteriore pretesa di qualsivoglia natura conseguente al rapporto onorario pregresso, salvo  il  diritto all’indennità di cui al comma 2 in caso di mancata conferma”.

Indennità quest’ultima che viene ancora una volta incoerentemente sottoposta a tassazione come se fosse un reddito di lavoro e che ascende alla mirabolante cifra di 1.500,00 euro lordi per ciascuno dei lunghi anni di sfruttamento e di totale privazione dei diritti di lavoratore, con risibile valutazione forfettaria che contrasta con il principio dell’integralità del risarcimento e che è oltretutto disgiunta da qualsiasi  specificazione sul momento in cui il detto importo dovrà essere corrisposto.

Si tratta di una previsione pericolosa e meschina, davvero degna degli antichi “padroni delle ferriere”, che nel silenzio colpevole della politica e dei media è passata sotto silenzio, pur ferendo a morte i valori dello Stato di diritto e ponendosi quale minaccioso precedente per qualsiasi altro lavoratore.

D’altra parte i magistrati onorari, che quotidianamente servono la Giustizia con genuina dedizione, assistono ormai da anni, con profonda sofferenza, al triste spettacolo della legge che piega i diritti  basilari agli interessi di pochi,  con il pretesto di rispettare la Costituzione o l’ equilibrio di bilancio.

 

Per concludere, non possiamo che augurare a quanti operano o confidano nella Giustizia che l’anno che si inaugura oggi, in presenza di volti e  vertici rinnovati, possa portare un reale cambiamento, ponendo fine alla vergogna dello sfruttamento lavorativo nei tribunali e sanando gli errori del passato con adeguate misure di ristoro per tutti i magistrati onorari, anche già cessati, che hanno sofferto la reiterata violazione di diritti costituzionali irrinunciabili ad opera di quello stesso Stato che è chiamato a garantirli.

 

Associazione GOT “non possiamo più tacere