La missione UNIFIL nel Sud del Libano era inutile prima, è inutile ora. Non è da ora che le missioni delle Nazioni Unite, si dimostrano inutili e fallimentari.
Potremmo fare un elenco infinito da quando sono state istituite. Servono a tutto, meno che a mantenere la pace. “La nostra missione UNIFIL, seppur certamente animata da ottime intenzioni, si è dimostrata tremendamente inutile sia nel contenere la possibilità di nuove escalation tra Israele e Libano sia nel controllo dei movimenti degli Hezbollah, come dimostrano gli infiniti tunnel scavati nel sottosuolo sotto il naso sia dell’esercito libanese che del suo presidente”. (Francesco Teodori, L’Onu è morta. Seppur certamente animata da ottime intenzioni, si è dimostrata un totale fallimento su tutti i fronti. 12.10.24, Nicolaporro.it; atlanticoquotidiano.it)
Ogni volta gli appelli del Segretario generale dell’Onu, per sua stessa ammissione, senza alcun potere né di comando né di spesa, cadono nel vuoto e poi sono missioni, costose e finanche pretenziose, mostrano i loro già evidentissimi limiti.
Ora l’Unifil in Libano com’era prevedibile, si trova tra i due fuochi, e giustamente il Governo italiano protesta (Si tratta purtroppo di retorica di circostanza, non aderente alla realtà sul campo) perché sono stati coinvolti i nostri soldati, però c’è un però da chiarire come fanno bene gli interventi che citerò qui di seguito. Certo, Il fallimento dell’Onu, non vuol dire che gli spari addosso ai suoi soldati. Bisogna trovare un compromesso. In questi giorni il portavoce dell’UNIFIL ha spiegato il motivo per cui sono lì i caschi blu, sostanzialmente dovevano aiutare l’esercito libanese a prendere possesso del sud del paese e renderlo libro da gruppi armati come quelli di Hezbollah. Questo in teoria all’atto pratico, “di fatto l’UNIFIL, cioè l’ONU, non ha fatto nulla in venti anni per impedire la presenza armata di terroristi, di conseguenza non ha rispettato il suo mandato e le migliaia di missili di fabbricazione iraniana lanciati da Hetzbollah verso Israele sono la prova palese dell’inutilità della loro presenza in loco, inutilità che in più casi ha rasentato il danneggiamento e lo sputtanamento internazionale. Negli ultimi 20 anni l’UNIFIL non ha visto i terroristi girare armati in zone dove non dovevano essere e non ha fatto nulla per allontanarli, l’UNIFIL non ha visto l’arrivo dall’Iran di migliaia di missili finiti nelle mani di Hetzbollah e si è finta sorpresa quando quegli stessi missili hanno incominciato a volare verso il nord di Israele”. (Michael Sfaradi, Le 4 telecamere e la torretta: perché Israele ha sparato sull’Unifil, 11 ottobre 2024, atlanticoquotidiano.it) Pertanto, secondo Sfaradi, praticamente, l’UNIFIL non ha mai fatto il suo lavoro, non ha mai fatto rispettare il mandato, per 20 anni è stata le tre scimmie in una, non ha visto, non ha sentito e, soprattutto non ha mai parlato delle situazioni che si svolgevano davanti agli occhi chiusi degli osservatori internazionali e poi, magicamente, ritrova la vista e proprio mentre c’è una guerra in corso monta delle telecamere per vedere bene, allora gli occhi li hanno, sul lato israeliano. Si rifiuta di toglierle e quando vengono levate con la forza, dopo quattro avvertimenti in dodici ore, ritrova anche la parola per protestare contro Israele quando per Hetzbollah in venti anni ha regnato il silenzio assoluto”. Insomma, Israele con la sua avanzata nel sud del Libano “è riuscita a far ritrovare la vista e la parola ai ciechi e ai muti, è proprio vero che viviamo nella terra dei miracoli”. Sempre sullo stesso giornale da prendere in esame le riflessioni del direttore Federico Punzi, occorre riportare a casa i nostri soldati. (Unifil ha tradito il suo mandato: errore non riportare a casa i nostri soldati, 11.10.24, atlanticoquotidiano.it) Inoltre Punzi Non comprende l’ostinazione del governo Meloni a non ritirare il contingente italiano da una missione “impossibile da compiere” per stessa ammissione del ministro Crosetto.
Tuttavia Punzi dimostra che Unifil non svolto nessun ruolo fondamentale ed ha fallito su tutti i fronti. Per esempio non ha disarmato Hezbollah, non ha impedito che entrassero armi e missili da parte dell’Iran a Hezbollah. Impedire che nelle aree di schieramento delle sue forze e, per quanto nelle proprie possibilità, assicurare che la sua area di operazioni non sia utilizzata per azioni ostili di qualsiasi tipo. Il mandato era chiaro la risoluzione attribuiva a Unifil specifici poteri di intervento. In questo anno (e negli anni precedenti) avrebbe potuto – e anzi dovuto – impedire a Hezbollah di introdurre armi, costruire tunnel e postazioni, e di lanciare missili contro il territorio israeliano nell’area di sua competenza.
Perché non lo ha fatto? Si chiede Punzi. Non solo Unifil non è riuscita ad adempiere alla sua missione, non ci ha mai nemmeno provato, non essendo mai state contrastate né denunciate le attività di Hezbollah nell’area. Questo inadempimento, praticamente è una delle cause della nuova guerra tra Israele e Hezbollah. “In questi 18 anni, infatti, – scrive Punzi – Unifil ha permesso al gruppo terroristico di riarmarsi e riposizionarsi a sud del fiume Litani, al confine nord di Israele, zona che doveva rimanere interdetta come da risoluzione 1701. Proprio da questa regione Hezbollah ha cominciato, fin dal giorno seguente il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023, quindi da oltre un anno, a lanciare missili verso il territorio israeliano, causando 80 mila sfollati”. Peraltro, sembra che in“questi pochi giorni di incursioni l’Idf ha scoperto – a pochissimi metri dalle basi Unifil – una rete di tunnel e depositi di armi, oltre 1.000 siti strategici, dimostrando come Hezbollah fosse in procinto di replicare il massacro del 7 Ottobre su larga scala nel nord di Israele. E non è da escludere che Israele abbia, o possa raccogliere presto, prove di collusione tra alcuni contingenti Unifil e Hezbollah”. Ecco perché secondo Punzi, “Con la sua inazione, la missione Onu si è resa complice del riarmo e dell’escalation di Hezbollah in corso da un anno”.
Pertanto è evidente che la missione del nostro contingente militare diventa impossibile da compiere. Soprattutto ora che Israele ha deciso di fare i conti con le azioni terroristiche dei miliziani islamisti filoiraniani di Hezbollah. Non solo, è evidente che i soldati italiani impegnati in Unifil non sono affatto al sicuro. “E non possono esserlo, perché il lavoro che avrebbe dovuto fare Unifil negli anni passati, ora dovranno farlo gli israeliani”.
Unifil si trova ormai in una zona di guerra. Sono in corso intensi combattimenti tra le milizie di Hezbollah e le forze israeliane proprio nella zona di Naqura, dove si trova il quartier generale Unifil. E dove si trovano anche le postazioni di Hezbollah, guarda caso proprio vicine ad esso. Insomma, la missione Onu è tra due fuochi, per questo l’Idf le aveva raccomandato di spostarsi di 5 km a nord. Ma il comando Unifil ha respinto la richiesta israeliana. Certo “Italia e Nazioni Unite non possono prendere ordini da Israele”, ha ammonito il ministro Crosetto. Bene, ma il governo italiano resta responsabile della sicurezza dei suoi militari tenuti in una zona di guerra, tra due fuochi, per una missione che per sua stessa ammissione è impossibile compiere e senza armi idonee a difendersi. Naturalmente,“Se Unifil si ostina a non spostarsi, come raccomandato da Israele, accetta di correre il rischio che le sue basi vengano usate come scudi dalle milizie Hezbollah e siano da impedimento a Israele nel perseguire i suoi obiettivi di sicurezza. Anche non evacuare diventa, di fatto, una scelta di campo”. E’ evidente che i presupposti della missione sono venuti meno, come ha spiegato anche l’ex ministro della difesa Arturo Parisi su X: “La missione Unifil 2 nasce dalla volontà delle parti di interrompere le ostilità e dalla loro convergente consapevolezza della necessità di un forza di interposizione. Sono questi presupposti ad essere venuti meno“. E qui Punzi infierisce sul governo di Destra che si ostina a partecipare ad una missione, non solo completamente inefficace, ma dannosa, costosa e ora anche pericolosa. Per di più, l’invio di un nostro contingente fu deciso da un governo di centrosinistra, con un ministro degli esteri, Massimo D’Alema, che andava a braccetto con esponenti di Hezbollah a Beirut.
a cura di Domenico Bonvegna