“Dal 1989 in poi il test è sempre stato somministrato in Italia ed è sempre andato peggiorando, dal punto di vista della qualità, ed è la ragione per cui io personalmente sono sempre stato contrario. Non sono contrario al numero programmato ma al tipo di test. Oggi c’è molta confusione nel Paese quando si dice che è stato levato il numero chiuso: sono balle assolute dette da chi naturalmente specula anche su questo, che invece ci porta nella direzione di altri Paesi europei”.
Parla così Matteo Bassetti (Professore malattie infettive Università di Genova) ai microfoni di Radio Cusano nel corso della trasmissione ‘5 Notizie’ condotta da Gianluca Fabi, in merito alla riforma di accesso all’Università di Medicina. E precisa “l’accesso a medicina è comunque regolamentato nei numeri, più ampi rispetto a quelli del passato; chi aveva definito 15mila come la richiesta di medici in Italia aveva sbagliato perché facendo i conti non si considera che, se ne partono in 15 mila, dopo 6 anni ne arrivano probabilmente meno del 50%.
Ora viene regolamentato diversamente l’accesso: anziché con un test stile monetina o fatto per ingrassare qualche centro che in questi anni ha fatto milioni di euro formando i ragazzi, si utilizza un sistema meritocratico, come avviene nel resto del mondo. In sostanza, frequenti i primi 6 mesi, studi le materie previste, dopodiché andrai a sostenere gli esami dei primi 6 mesi e la selezione verrà fatta dai professori. Qualcuno sostiene che c’è ‘baronismo’, ma vi rendete conto che questo è un Pese in cui complichiamo una materia che nei Paesi normali non è complicata? In tutto il mondo un medico che dirige una struttura o che fa il professore universitario-spiega Bassetti-sceglie i suoi collaboratori senza concorso perché c’è un’assunzione di responsabilità: se io scelgo persone che lavorano male, che sono delle capre, evidentemente farò male il mio lavoro. Questo Paese deve maturare perché se non matura e continua con la logica dei concorsi non andremo da nessuna parte. E lo dimostra il livello qualitativo pubblico italiano, assolutamente basso. Basterebbe creare un sistema meritocratico che in Italia non c’è”, incalza il Prof. Matteo Bassetti.
“Se noi facciamo diventare il sistema più meritocratico e a quel professore universitario che sceglie una capra, figlio di un amico o proprio figlio, alla fine dell’anno invece di essere premiato viene mandato indietro dal punto di vista carrieristico, questo è il modo che noi vogliamo”. Il professore si sofferma poi sul sistema sanitario in generale sottolineando che “abbiamo bisogno urgente di nuovi medici che vogliano sporcarsi le mani. Mi riferisco al fatto che ci sono specializzazioni deserte in cui avremmo enorme necessità di persone come medicina d’urgenza, malattie infettive piuttosto che geriatria e che invece vengono tralasciate preferendo chirurgia o dermatologia, invece vengono molto frequentate dagli studenti.
Non solo- continua- bisogna soffermarsi sul fatto che oltre all’insegnamento delle skill tecniche come il riconoscimento di un antibiotico o di un tumore, oggi è necessario apprendere come approcciarsi a un paziente. Come affrontarlo per poterlo curare al meglio, la cosiddetta soft skill. È inoltre imperativo preparare dei medici pratici, che non siano solo dei bravi universitari ma anche dei bravi dottori che anche se appena usciti dall’università sappiano svolgere il loro lavoro. Oggi l’università è troppo teorica e senza specializzazione non si è competenti, questo non va bene”. Bassetti chiosa infine sul tema della reintroduzione delle mascherine negli ospedali “sono un pò perplesso, non dalle mascherine ma dal fatto che in alcuni ospedali sono tornate misure del 2020.
Parlo dei tamponi fatti all’ingresso o orari di visita limitati. Questo è errato perché è errato trattare il Covid come l’unica malattia infettiva quando invece è una tra le più gestibili. O applichiamo le misure di sicurezza adatte a tutte le malattie o altrimenti entrare in ospedale con solo un tampone Covid non ha senso-insiste-piuttosto bisognerebbe dire agli immunodepressi di vaccinarsi innanzitutto, non di mettere la mascherina. Nessuno questo oggi lo dice-conclude Bassetti- ed è il segno che il Paese è rimasto profondamente burocratizzato dal covid ma è ancora profondamente ignorante sul covid”.