Nella Giornata mondiale dell’ambiente, il WWF pubblica il nuovo report “Plastica: dalla natura alle persone. È ora di agire” e chiede al governo di andare oltre il riciclo dei soli imballaggi e di estendere la raccolta differenziata a tutti i prodotti in plastica di largo consumo allo scopo di far crescere l’economia circolare come valore condiviso.
La plastica deve essere gestita in maniera più efficace ed efficiente, coordinata e integrata, coinvolgendo tutti gli attori (dalle istituzioni, alle aziende, fino alle persone e alle città in cui vivono) e agendo in tutte le fasi – dalla sua produzione, al suo impiego e fino allo smaltimento. Il report conferma che l’Italia è tra i peggiori Paesi inquinatori che si affacciano sul Mediterraneo, contribuendo all’inquinamento soprattutto in qualità di secondo più grande produttore di rifiuti plastici in Europa. Per il WWF non è più sostenibile attuare un piano di riciclo limitato agli imballaggi e chiede al governo di estendere la raccolta differenziata a tutti i prodotti in plastica di largo consumo affinché si trasformino in nuovi oggetti, facendo crescere l’economia circolare come valore condiviso.
Sono innumerevoli e significativi i danni causati da ogni fase del ciclo di vita della plastica, dalla produzione all’utilizzo fino allo smaltimento A fronte di una produzione in costante crescita, infatti, lo smaltimento della plastica è oggi ancora altamente inefficiente e inefficace, con tassi di riciclo inferiori al 10% a livello globale. Il risultato è che fino a 22 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica entrano nell’ambiente marino e altrettanti nell’ambiente terrestre ogni anno, in gran parte plastica monouso. Inoltre, attualmente, la produzione di plastica è responsabile di circa il 3,7% delle emissioni globali di gas serra e si prevede che questa percentuale possa aumentare fino al 4,5% entro il 2060, se le tendenze attuali continueranno senza controllo.
Una contaminazione globale, diffusa e persistente di ogni ambiente naturale (mari, fiumi, laghi, terra e aria), come afferma nel suo report il WWF, tanto che l’inquinamento da plastica in Natura ha superato il “limite planetario” (Planetary boundary), oltre il quale non c’è più la sicurezza che gli ecosistemi garantiscano condizioni favorevoli alla vita.
Ma che fine fanno i prodotti in plastica che non possono essere riciclati perché non sono imballaggi, come previsto dalla normativa vigente? Sedie e arredamenti in plastica, penne e pennarelli, spazzolini, giocattoli, pettini, spugne e spugnette, bacinelle e ciotole, gonfiabili e palloni, utensili da cucina e guanti, scarpe e ciabatte… siamo circondati da prodotti che, una volta che smettiamo di utilizzare perché rotti o obsoleti, non possono essere riciclati perché la regolamentazione attuale non lo prevede e quindi finiscono in discarica o a recupero energetico.
Per fare un esempio, in Italia ogni anno gettiamo 4mila tonnellate di plastica solo con il consumo degli spazzolini da denti. Un quantitativo importante di plastica che oggi non viene riciclato e non contribuisce a creare nuovi oggetti. Altri esempi: se potessimo riciclare una sedia da giardino potremmo ottenere fino a 2,8 kg di plastica riciclata, come riciclare 93 flaconi dello shampoo; con il riciclo di una bacinella per i panni potremmo ottenere fino ad 1 kg di plastica riciclata, come riciclare 500 tappi delle bottiglie dell’acqua; con un trasportino per gatti potremmo ottenere fino a 900 g di plastica riciclata, l’equivalente di riciclare 30 vaschette per le albicocche.
È evidente che se aumentassimo il riciclo rendendolo più efficiente e riciclando più tipologie di prodotti oltre agli imballaggi, potremmo dare vita a molte più cose con la plastica riciclata, risparmiando molta più materia prima e molte più emissioni di CO2.
Senza un miglioramento nella gestione della plastica e dei suoi rifiuti, entro il 2050 la quantità totale di plastica prodotta si è calcolato che potrebbe triplicare, con conseguente aumento dell’immissione di rifiuti di plastica nell’ambiente: 12 miliardi di tonnellate di plastica potrebbero finire negli ambienti naturali. Se accadrà, tra 30 anni nel mare ci potrebbero essere più plastiche che pesci.
Per attuare un cambio di rotta, ormai indispensabile, la soluzione è l’economia circolare in cui le materie prime, come la plastica, di un oggetto non più funzionante restino in circolo, in un lungo e possibilmente infinito succedersi di produzione e riuso/riciclo, eliminando le fasi di estrazione di materie prime e smaltimento. L’efficienza nell’utilizzo delle risorse, promossa dall’economia circolare, deve diventare un fattore cruciale per orientare nuovi modelli di produzione e di consumo, e consentire una transizione verso stili di vita e dinamiche socioeconomiche più rispettose dell’ambiente. Per questo vogliamo muovere alle istituzioni richieste più ambiziose. Non c’è più tempo da perdere.
Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità WWF Italia
Per il WWF serve agire sui primi tre livelli della scala gerarchica dei rifiuti: la prevenzione, il riuso e il riciclo. È necessario, infatti, ridurre la produzione e l’uso della plastica non necessaria e dannosa, incentivare il riutilizzo e la riparazione dei prodotti in plastica puntando sull’innovazione, ed è altrettanto importante estendere la raccolta differenziata a tutti i settori produttivi di largo consumo, oltre agli imballaggi, per incrementare le tipologie di oggetti che vanno al riciclo. Si tratta di adottare “un approccio multilivello e multiattore” che deve vedere coinvolti tutti gli stakeholder della filiera della plastica, dalla ricerca scientifica, al settore pubblico e privato, da chi progetta, a chi utilizza, a chi è responsabile della gestione dopo l’uso.
In questo ambito le aziende hanno un ruolo chiave e sono chiamate ad applicare tre regole cardine: eliminare tutte le plastiche difficilmente riciclabili o non riciclabili affatto e non indispensabili; innovare, implementando modelli di business circolari per assicurare che tutti gli oggetti in plastica possano essere riutilizzati, riciclati o compostati; rendere circolari le plastiche, aumentando la quantità di materiale riciclato nei nuovi prodotti in plastica, che devono essere facilmente riciclabili e riportare indicazioni chiare per i consumatori su come devono essere smaltiti per favorire l’effettivo riciclo a fine utilizzo. In questo ambito il WWF si impegna attivamente per contribuire alla trasformazione delle filiere delle aziende, come nel caso della partnership sviluppata con Bolton Group impresa multinazionale familiare italiana che da oltre 70 anni produce e distribuisce un’ampia gamma di beni di largo consumo e che proprio oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’ambiente, pubblica il suo nuovo report di sostenibilità in cui si descrivono i risultati finora ottenuti e la collaborazione con WWF Italia per aumentare la sostenibilità dei loro imballaggi attraverso attività di sostituzione, riduzione, innovazione e riutilizzo in linea con i principi di un’economia circolare.
In mancanza di un intervento globale contro la crisi della plastica la scienza ci anticipa che i costi (ambientali, sociali, sanitari ed economici) del mancato intervento saranno immensi. Aspettiamo quindi con fiducia un riscontro dalle istituzioni che ci rappresentano.