‘Sallusti in galera, i delinquenti fuori. Vergogna: 14 mesi di cella’. E’ il titolo con cui ‘Il Giornale’ commenta la sentenza definitiva della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna per il reato di diffamazione per il direttore Alessandro Sallusti. A campeggiare sulla prima pagina del quotidiano e’ un editoriale dello stesso Sallusti, dal titolo ‘In Italia più che gli euro mancano le palle’, in cui il direttore annuncia le sue dimissioni, l’intenzione di non chiedere la grazia a Napolitano e di non accettare misure alternative al carcere. A chiudere la pagina una serie di interventi: dall’editore Paolo Berlusconi (‘Non posso accettare le dimissioni’), dell’editorialista Vittorio Feltri (‘Ma i colpevoli da punire sono i politici’), di Paolo Guzzanti (‘Chiederò io la grazia al posto suo’), di Mario Cervi (‘Ora sarà difficile fidarsi ancora del nostro diritto’), di Vittorio Sgarbi (‘Così è ufficiale: avere un’opinione è diventato reato’) e del direttore del ‘Corriere della Sera’ Ferruccio de Bortoli (‘Una sentenza pericolosa per la democrazia’). Fa un certo effetto – scrive Sallusti – sapere di dover andare in carcere. Ma non è questo il problema, non il mio. In un Paese dove più che gli euro mancano le palle, non voglio concedere nessuna via d’uscita a chi ha partecipato a questa porcata. Non ho accettato trattative private con un magistrato, il querelante, che era disponibile a lasciarmi libero in cambio di un pugno di euro, prassi squallida e umiliante più per lui, custode di giustizia, che per me. Non accetto ora di evitare la cella chiedendo la pena alternativa dell’affidamento ai servizi sociali, per sottopormi a un piano di rieducazione. Perchè sono certo che mio padre e mia madre, gli unici titolati a educarmi, abbiano fatto un lavoro più che discreto’. E ancora, prosegue: ‘Non chiederò la grazia a Napolitano, perchè, detto con rispetto, nel suo settennato nulla ha fatto di serio e concreto per arginare quella magistratura politicizzata che con odio e bava alla bocca si è scagliata contro chiunque passasse dalle parti del centrodestra e che ora, dopo avere ripassato i politici, vuole fare pulizia anche nei giornali non allineati alle loro tesi’.
Non voglio, scrive ancora, ‘poi risolvere io il problema di Mario Monti, accademico di quella Bocconi che dovrebbe essere tempio e fucina delle liberta’, che si trova al collo, complice il suo sostanziale silenzio e il suo immobilismo sul caso, la medaglia della sentenza piu’ illiberale dell’Occidente. Cosi’ come il ministro della giustizia Paola Severino, definita da tutti come la piu’ illuminata tra gli avvocati illuminati, dovra’ ora chiedersi se per caso non e’ colma la misura della giustizia spettacolo degli Ingroia e dei suoi piccoli imitatori in cerca di fama’.
Stamane, annuncia infine il direttore, ‘scrivero’ al prefetto di Milano per annunciargli che rinuncio alla scorta che da due anni mi protegge notte e giorno da concrete e reiterate minacce. Non posso accettare che una parte dello Stato, il ministero dell’Interno, spenda soldi pubblici per tutelare una persona che un’altra parte dello Stato, la magistratura, considera in sentenza definitiva soggetto socialmente pericioloso’.
E ultimo, conclude, ‘ma primo in ordine di importanza, oggi mi dimetto, questo si’ con enorme sofferenza, da direttore responsabile del ‘Giornale’, per rispetto ai lettori e ai colleghi. Il foglio delle liberta’ non puo’ essere guidato da una persona non piu’ libera di esprimere ogni giorno e fino in fondo il proprio pensiero perche’ fisicamente in carcere o sotto schiaffo da parte di persone intellettualmente disoneste, che possono in ogni momento far scattare le manette a loro piacimento’.