di Erica Arosio, Cristina Berretta, Lorenza Pizzinelli, Roberto Lucchetti
A quanto scritto da Daniela Stigliano sul sito di Franco Abruzzo in risposta alla nostra lettera aperta del 7 febbraio, abbiamo replicato dicendo che eravamo tutti pronti a firmare le nostre dimissioni, controfirmate dall’azienda, alle condizioni secondo lei valide in base agli accordi ("con riserva e con clausola di nullità e conseguente rientro in attività, nel caso non si perfezioni il prepensionamento da parte dell’Inpgi") , assistiti dai rappresentanti sindacali presso la Lombarda che hanno seguito le varie fasi dell’accordo. Ma eravamo anche certi che la nostra proposta sarebbe caduta nel vuoto. Così è stato, a dimostrazione che quanto scritto da Daniela Stigliano era privo di qualunque fondamento e non era previsto nell’accordo da lei sottoscritto con l’azienda: gli avvocati dei colleghi Hearst in cassa integrazione avevano già proposto alla casa editrice questa via d’uscita dall’impasse, ovvero una lettera di dimissioni con una clausola di garanzia controfirmata dall’azienda. I vertici Hearst avevano rifiutato.
La dichiarazione di Stigliano non avrebbe potuto avere alcun seguito e così è stato, i quattro "giornalisti Hearst in possesso dei requisiti" continuano a giacere in cassa integrazione.
A rendere la questione ancora più problematica, un altro fatto: in Hearst è in corso da gennaio un’ispezione del Ministero del lavoro volta a verificare la correttezza di tutti i requisiti e delle procedure inerenti la richiesta di prepensionamenti. Conseguenze? Ulteriori ritardi si accumulano sui tempi della firma ministeriale che renderà effettivo l’accesso al prepensionamento.
Tutti questi elementi ci radicano sempre più nella nostra linea iniziale, su cui invitiamo i colleghi, i vertici FNSI e i CdR ad allinearsi, dopo un sereno e onesto confronto, per evitare trappole e vicoli senza uscita, come quello di Hearst, dove ci sono giornalisti sepolti in cassa integrazione in modo immotivato da mesi. Stigliano dovrebbe anche spiegare su che basi ritiene – come ha scritto in risposta alla nostra lettera aperta del 7 febbraio – che la firma (sullo stato di crisi, ndr) è vicina ( “ho comunicato al Cdr di Hearst di aver saputo, attraverso i tecnici della FNSI che si sono recati direttamente a sollecitare il Ministero su mia specifica richiesta – peraltro non limitata alla sola Hearst – che il loro decreto dovrebbe essere firmato a breve”), visto che in Hearst è in corso un’ispezione del Ministero del Lavoro di cui non si conosce l’esito e che ovviamente blocca la firma. Senza considerare che il prepensionamento è di per sé un ammortizzatore sociale e con la situazione che si è venuta a determinare in Hearst, l’azienda sta usufruendo di due ammortizzatori per le stesse persone: cassa integrazione (una collega è in cassa da luglio, quindi da ben sette mesi, alla faccia del passaggio tecnico previsto per il prepensionamento, altri da settembre) e prepensionamento. I colleghi della Hearst sono tuttora in attesa di una risposta da Daniela Stigliano, che ha gestito l’accordo, peraltro non firmato in un unica soluzione, ma dilazionato con aggiunte e deroghe sulle quali ci piacerebbe avere maggiori chiarimenti La chiudiamo qui e ribadiamo la nostra proposta: bisogna ristabilire l’iter seguito fino a qualche anno fa. L’accesso al prepensionamento deve avvenire solo quando la scelta è concretamente esercitabile, ovvero dopo la firma (tutte le firme!!!) di TUTTI gli accordi, in modo che nessuno si trovi più nel limbo in cui siamo finiti noi. E se negli accordi il prepensionamento viene definito volontario, deve realmente esserlo nei fatti. Altrimenti che l’aggettivo venga tolto: o forse levare questo termine non permetterebbe più l’accesso a tutti i benefici di legge?
Erica Arosio, Cristina Berretta, Lorenza Pizzinelli, Roberto Lucchetti Giornalisti Hearst "in possesso dei requisiti". In cassa integrazione a zero ore