Sembra proprio che il prossimo 11 giugno tutti i dipendenti della Rai faranno uno sciopero contro la richiesta di 150 milioni fatta dal Governo nonchè la decadenza dell’obbligo di avere una sede Rai in ogni Regione, come “primo” passo perchè tutti svolgano un proprio ruolo e diano un proprio contributo al ridimensionamento della spesa pubblica. Secondo gli scioperandi, il taglio sarebbe essenzialmente contro il loro posto di lavoro. La Rai, si sa, è un’anomalia vivente e pulsante. Uno Stato nello Stato dove, a comandare, e a lavorarci, ci sono persone demandate dallo Stato che governa e amministra lo Stivale. Un contesto in cui la contraddizione più eclatante è quella dell’imposta che tutti coloro che possiedono un apparecchio tv, devono pagare per mantenere la Rai; imposta che -dicono in Rai e al ministero del Tesoro- non è pagata dal 25% di contribuenti che invece dovrebbero pagarla; nonostante -beffando logica, buon senso, buon diritto e trasparenza- questa imposta abbia avuto le massime legittimità istituzionali per essere chiamata canone e/o abbonamento. L’italiano medio, è quindi meno fesso di quanto credano gli amministratori? Sembra di sì, senza che questo riconoscimento dia legittimita’ all’evasione fiscale che si commette quando -rientrando tra coloro che dovrebbero- si omette di versare il dovuto all’Erario. Lo stesso italiano medio, in un referendum di alcuni anni fa si espresse a favore di una ipotesi di privatizzazione della Rai. Ipotesi che, non solo è rimasta tale in tutti questi anni ma che, a parte alcuni sporadici e temerari progetti di legge di altrettanti parlamentari sporadici e temerari, non ha mai visto uno straccio di dibattito nei luoghi istituzionali deputati. Con questi due soli esempi che abbiamo fatto (e, sinceramente, ne avremmo altri a vagonate), possiamo confermare che il solito italiano medio, anche sulla Rai, è molto più attento e lungimirante rispetto a coloro che decidono chi e come deve essere la Rai e coloro che ci lavorano o collaborano a vario titolo. Non è una novità che esista un Paese Reale molto più dinamico, attento e lungimirante rispetto al Paese Legale. I 150 milioni e l’ipotesi di ridimensionamento delle sedi regionali, lo leggiamo anche come un primo timido tentativo di colmare questo gap tra i due Paesi… ma, ovviamente, aspettiamo i risultati e i prossimi passi.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc