Non chiamate Roberto Gugliotta un giornalista scomodo. Rifiuta l’etichetta e la rispedisce al mittente. Chiamiamolo allora una voce fuori dal coro, un giornalista d’inchieste e che inchieste. Le più importanti sulla mafia e sulle Brigate Rosse sono state pubblicate da note testate nazionali tra le quali Corriere della Sera, Liberal, Espresso, Famiglia Cristiana. Fondatore del primo giornale online di Messina e provincia IMGPress, Gugliotta tra il 2004 e il 2007 pubblica sotto l’etichetta appunto del suo stesso online: Messina capitale d’Italia, Messina Campione d’Italia, La volpe e il cacciatore e Franzantonio, Matteo Bottari: l’omicidio che sconvolse Verminopoli, analizzando e denunciando, senza peli sulla lingua o meglio sulla penna, l’inquietante intreccio di poteri che imbriglia la società messinese e ricevendone in cambio una serie di querele per diffamazione. Provocatore, si vede già dai titoli dei suoi libri, lo sguardo di Roberto verso la sua città, la società di cui fa parte, la terra dove vive è sempre dalla parte di chi vuole scoprire la verità, accertare come siano andate le cose e individuare eventuali responsabili. Per lui non basta questo e decide di andare nelle carceri a intervistare “picciotti”, conoscerli, analizzare le loro anime ascoltare le loro voci e trascriverle. Conosce così Maurizio Avola, l’uomo che nel 1984 partecipò all’assassinio del giornalista Pippo Fava, e nasce “Mi chiamo Maurizio, sono un bravo ragazzo e ho ucciso ottanta persone”. Romanzo testimonianza di una vita e di una logica mafiosa, dove un pentito parla a ruota libera di decine e decine di uccisioni a sangue freddo, eseguite tutte rigidamente su commissione da Nitto Santapaola. Scritto insieme a Gianfranco Pensavalli, il libro verità raccoglie “la testimonianza di una vita che non riesce più a venire a patti con se stessa, rivelandoci il vuoto e il silenzio morale che si nascondono dietro la grottesca maschera dell’uomo d’onore”.
Non potevamo non fare questa introduzione, prima di presentare l’ultimo libro di Roberto Gugliotta, anche questo scritto a quattro mani con Giovanna Vizzaccaro e pubblicato da Fazi Editore, “Il picciotto e il brigatista” perché conoscere il percorso di vita e professionale dell’autore ci fa entrare In questo romanzo. Gugliotta sposta l’attenzione agli anni di piombo. Stavolta a essere intervistati sono Vincenzo, un mafioso, e Francesco, un brigatista. I due, nella vita reale Gaetano Costa e Alberto Franceschini, entrambi nel carcere di Cuneo si sosteranno a vicenda. Questa solidarietà, insieme al loro pentimento, si inserisce in una narrazione cruda che non lascia nessun spiraglio di speranza “dedicata a tutti coloro che hanno avuto la forza di capire, dimenticare, perdonare, contro l’odio che non vuole fare parlare, sapere, pensare. Dimenticare non è mai la soluzione e ricordare, anche gli errori, è l’unico modo per non sprecare una seconda occasione”. E che cos’è la memoria storica se non raccontare i fatti più salienti delle vicende umane per non permettere all’oblio di prendere il sopravvento ma Roberto Gugliotta fa di più, va oltre e adotta la memoria critica che seleziona i ricordi in base ad un atteggiamento rivolto a capire la vicenda umana, per come si è sviluppata, dando voce ai comuni protagonisti mai a degli eroi. E leggendo i suoi romanzi-testimonianza percepisci la presenza dell’autore ma mai il suo giudizio, mai la sua pietà, forse solo a volte una profonda compassione. Incontrare Roberto Gugliotta all’Hotel Excelsior di Taormina nella presentazione del suo “Il picciotto e il brigatista”, organizzata dall’associazione Arte&Cultura, di cui presidente è Maria Teresa Papale, è stata un’occasione unica perché succede raramente che persone, tempi, spazi, argomenti e cose all’unisono entrano in empatia tra di loro in quel magico mistero che sono le affinità elettive.
Milena Privitera