La stampa di partito, per i finanziamenti, nel nostro Paese è uno scandalo, in buona compagnia con la stampa cosiddetta ordinaria che, anche se meno, prende sempre i contributi per l’editoria, con tanto di apposito Dipartimento per l’informazione e l’editoria che disciplina e smista. Soldi che poi i vari media prendono anche dalle Regioni e da altri enti locali, come diretto finanziamento o come contratti privilegiati per questo o quell’altro servizio di informazione. Lo scandalo oggi è ancora più lampante, visto che ufficialmente -e finalmente- si sta dissolvendo il finanziamento pubblico ai partiti, per cui a questi ultimi -al di là della loro importanza costituzionale- non viene più riconosciuta una specifica rilevanza economica, e quindi non si capisce perchè i giornali di partito debbano avere questi soldi pubblici. Ma siamo nel Belpaese, e questo è altro dobbiamo ancora (?) sorbircelo. Ma nonostante questi soldi c’è qualcuno che non ce la fa. E’ il caso del quotidiano del Partito Democratico “Europa”, che dopo anni di assottigliamento della foliazione, e nonostante editorialisti di alto rango come il neo-ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni, ha tirato le cuoia. Probabilmente, al di la’ delle rassegne stampa mediatiche e degli abbonamenti istituzionali nazionali e locali fatti di default, grazie alla costosa presenza di una o due copie (puntualmente invendute) in tutte le edicole d’Italia, i suoi “dodici” lettori non bastavano. Noi non siamo detrattori della moneta Euro. Anzi. Ma la battuta “è finita l’Europa prima dell’euro”, ci è stata proprio levata di bocca. Cogliamo l’occasione di questo sorriso per invitare chi legge a non dimenticare le premesse di queste nostre considerazioni, a tenerle ben presenti per meglio comprendere chi, cosa e come si muove nell’economia dell’informazione. Con le dovute -e per noi eccellenti- eccezioni, per carità. Ma l’andazzo è quello. E se oggi è toccato ad Europa, chissà in una spending review più incisiva, quanti giornali sparirebbero, giornali della cui esistenza molto probabilmente non sapevamo nulla prima che scomparissero.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc