di Maurizio Andriolo
Tempo fa avevo chiesto delucidazioni sulla vita sindacale, e non solo, della nostra categoria. Avevo sollecitato i dirigenti a prendere una posizione su temi delicati. Pensate che qualcuno di loro abbia risposto? No, neppure uno. Invece, hanno risposto tantissimi colleghi che per mail mi hanno detto la loro. Mi viene da pensare che i “capi” abbiano altro a cui dedicarsi e che le istanze di partecipazione dei colleghi siano trascurate. Che siano in “tutt’altre faccende affaccendati”? Qui sarebbe opportuna una profonda rilettura della poesia di Giuseppe Giusti e un più sincero studio del concetto di democrazia.
I gravi problemi dell’Inpgi ci insegnano qualcosa? I pensionati che da troppo tempo sono dimenticati, i disoccupati di cui nessuno si interessa, i cassaintegrati che vengono liquidati con decine di assemblee inutili, continuano a non avere concrete risposte e ad essere illusi. E cosa faranno i tanti nuovi giornalisti che dopo l’esame a Roma non troveranno nessun sindacalista che si occupi del loro inserimento, se mai ci sarà, nelle redazioni? E’ evidente che tutto il sistema dei nostri Enti va rivisto e il nuovo welfare, di cui tanti parlano, non può essere basato esclusivamente sull’assistenza.
Cambiare? Come? La democrazia apre le porte a molte soluzioni. Ma è democratico che nei “salotti” si indichino già i nomi di futuri dirigenti, ancor prima che questi abbiano preso i voti necessari? Ma è anche vero che siamo abituati a vedere colleghi senza voti essere elevati a incarichi importanti. E’ deludente che il sindacato sia ancora considerato l’anticamera di “qualcos’altro”.
Nessuno affronta la necessità di un cambiamento negli e degli Enti di categoria, che vanno rinnovati e “asciugati”, non solo di numero. Serve innanzitutto una politica sindacale volta al futuro e non all’esistente. Il settore dell’informazione va profondamente ribaltato e risanato. Lasciando così le cose si favoriscono gli accordini, la ricerca dei posticini, la sistemazione di amici e parenti. Una perpetuazione – come ha già scritto qualcuno – di una professione giornalistica già morta, ma sempre affollata da tanti pappagalli che pensano che la libertà di stampa vada declinata a proprio personale vantaggio.