di Giuseppe Catozzella
Erri De Luca si è messo contro il potere dello Stato, ecco perché è sotto processo per le sue parole.
La procura di Torino – che ha chiesto otto mesi di reclusione per istigazione al sabotaggio – ha costituito un pool soltanto per la Tav, come per il terrorismo, come per la mafia. Questo fa pensare a interessi nei rapporti tra Italia e Francia che vanno oltre quello privato delle società che fanno i lavori.
Erri si è messo là in mezzo, facendo quello che uno scrittore deve fare: mettersi in mezzo alle cose con la parola. E, come sempre, ha centrato: ecco perché è letto da milioni di persone e non da qualche decina, ecco perché è processato per le sue parole. Ovvio è che altri andrebbero processati per istigazione a delinquere: basta pensare a tutto l’odio sociale che i leghismi creano per un voto in più (non di certo per la gratuità di un pensiero).
Ma è processato soltanto lui: ed è un bene per la parola libera, la sua, e quindi quella di tutti.
La parola o è libera – e quindi potente – oppure non è, è chiacchiera ininfluente, e muore come viene pronunciata.
Alla notifica del provvedimento giudiziario, lo scorso giugno, Erri De Luca aveva commentato: “Da scrittore, essere denunciato per aver espresso pubblicamente le mie convinzioni, rappresenta un riconoscimento, una sorta di premio letterario. Si tratta di un procedimento che ribadisce la giustezza delle mie convinzioni”.
Da cittadini, non possiamo permettere che si venga condannati per le parole, per aver espresso la propria opinione. Non possiamo permettere che il diritto di libertà di pensiero venga calpestato.
Io, da scrittore, mi faccio promotore di questa petizione perché, come ogni lettore, riconosco il peso terribile della parola, che soltanto ha il potere di farci liberi: solo nell’esercizio della parola risiede la nostra libertà.
Da utilizzatore del potere della parola scritta, sento il dovere di farmi partigiano e non tacere: una condanna per Erri De Luca è una condanna per tutti. La privazione della libertà di uno (il solo, sessantacinquenne, che ha parlato) è privazione della libertà di tutti. Il silenzio da parte degli scrittori non mi stupisce, e men che meno, credo, ha stupito Erri: sempre, nel nostro Paese, quando uno scrittore nomina l’abisso – ovvero fa il suo lavoro – viene isolato dai più. Ci vogliono spalle forti per reggere il peso tremendo della libertà.