L’informazione è sempre stata il motore principale delle azioni di chiunque, a 360 gradi coinvolge tutto il nostro quotidiano. In passato in modo particolare, e ancora oggi molto, è stata appannaggio dei potenti per dominare chiunque. La nascita delle religioni e degli imperi, per esempio, è frutto di chi deteneva questo potere. Che sia qualcosa di potente, è dimostrato che teorie concepite in totale potere dell’informazione da parte di pochi, quando si credeva che oltre le colonne d’Ercole ci fosse il vuoto, sono ancora oggi una delle principali spine della comunità mondiale. Da alcuni decenni c’è stato un po’ di sconvolgimento, grazie all’introduzione di massa di Internet. E ora cominciano a riflettere e capire perche’, anno 2017, parliamo di crisi. Quello che sarebbe il ruolo portante dell’informazione, non sembra -in molti casi e per fortuna non tutti- sia assolto. L’informazione tendente al dominio dell’individuo -quella di oggi, ma per l’appunto “tendente” perchè ancora molto non in essere- ha alcuni aspetti che sono problematici e distorcenti rispetto alle funzioni primarie che invece si credeva dovessero essere assolte. Problematicità che nasce proprio dal mezzo tecnico e dall’uso dello stesso. Stiamo parlando dei cookie, file di servizio che vengono inviati da un sito Internet all’utente che vi si collega, allo scopo di registrarne l’accesso e di rilevare altri dati, per favorire l’interattività (usati anche in modo illecito, ma qui stiamo parlando dell’uso lecito, che’ per quello illecito ci sono le norme che -in teoria- tutelano già i naviganti).
Quando in Rete ci colleghiamo a notizie o articoli o video, o facciamo degli acquisti o interloquiamo con qualcuno, grazie ai cookie (tranne nostro specifico rifiuto, non sempre accettato) entriamo in banche dati di profilazione che, ogni volta che navighiamo (ovunque), o nella nostra posta elettronica (se non abbiamo rinunciato in modo esplicito), ci informano su tutto quello che potrebbe potenzialmente interessarci perche’ abbiamo, per l’appunto, gia’ mostrato interessi specifici. Ecco quindi che se abbiamo letto qualcosa di costume o di politica o di una qualche scienza, ci vengono proposte cose simili o novita’ sulle stesse; se abbiamo comprato, per esempio, un libro di narrativa contemporanea, ecco che ci verranno offerti altrettanti libri. E cosi’ via per tutte le materie e argomenti. Ci creiamo cosi’ un nostro microcosmo con tutto quello che ci e’ piaciuto una volta, e che chi ci manda queste informazioni crede che ci debba piacere sempre. Chi ci manda queste informazioni non e’ un filantropo, ma un’azienda commerciale che fa business sui nostri potenziali interessi, sia per rivendere la pubblicita’ a cui si presume che siamo interessati, sia per rivendere veri e propri servizi e/o prodotti. Contesto in cui, se non si ha una precisa consapevolezza e capacita’ di resistere e di alternativa, ci convinciamo sempre piu’ della giustezza e della universalita’ delle nostre scelte (che cominciano a non essere piu’ tali, ma si trasformano in gusti). Se un essere senziente lo fai crescere in uno specifico ambiente, senza altri contatti se non con quello a cui e’ abituato e verso cui ha mostrato i primi interessi, va da se’ che il nostro essere si convince che quello e’ l’Ambiente, l’universo. E gia’ ci sono le prime degenerazioni umane: quelli che convinti che tutto il mondo gira intorno a se’, vengono presi da una sorta di delirio di onnipotenza e intolleranza nei confronti dei diversi da questo Ambiente con cui, piu’ o meno casualmente, possono capitare di interloquire.
Ecco che l’informazione a 360 gradi ci si ritorce contro. Non perche’ la “troppa” informazione ci fa male (come forse potrebbe arguire un novello dittatore che fa occhiolino al passato), ma perche’ qualunque cosa esista, se non ha una regola stabilita’ in modo democratico, lasciata a se stessa degenera e diventa strumento dei piu’ forti contro i piu’ deboli. E la regola, nel nostro caso, parte dalla consapevolezza di chi, che cosa e come; consapevolezza del dubbio e curiosita’ del non-conosciuto. Il preciso contrario di cio’ che ci accade se siamo circondati da cookie che raccolgono i nostri gusti e ci propongono in continuazione cose ad essi collegate. Domanda: è questo che volevamo con l’informazione a 360 gradi? Non è che da sudditi di chi deteneva le leve dell’informazione siamo diventati sudditi di noi stessi… che vuol dire comunque sudditi? Dalla religione imposta da altri siamo passati alla nostra specifica religione, alimentata e imposta da noi stessi? Va da sè che, acquisita consapevolezza di questo pericolo di ghettizzazione, volendo continuare a sviluppare la nostra coscienza, il senso critico e di avventura, possiamo serenamente continuare a farci sommergere da offerte di ogni tipo, immagazzinando cookie e quant’altro sui nostri sistemi di collegamento alla Rete. Ma se abbiamo consapevolezza o dubbi anche dei nostri limiti, librarci liberi da queste informazioni in Rete sarebbe la cosa migliore. Nel contempo, dovremmo/potremmo diventare sentinelle per e nella nostra comunità, dandoci subito regole e perorando le stesse si’ che tutte le comunita’ abbiano opportunita’ di consapevolezza.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc