Apprestandosi la scadenza del pagamento della bolletta della luce, osservandola per capire meglio, non poteva non cadermi l’occhio sui 9 euro, l’imposta che lo Stato preleva attraverso i gestori di energia elettrica per finanziare il servizio pubblico di informazione televisiva. E mi e’ capitato in una domenica mattina di maggio, quando tutto e’ piu’ lento e riflessivo, e mi sono detto che, non essendo io un consumatore -se non molto, ma proprio molto occasionale- dei servizi della Rai, forse era il caso che “controllassi” come veniva utilizzato il mio tributo pagato perche’ possiedo un apparecchio tv. Ovviamente ho pensato alla beffa di questa imposta che gli “illuminati” fiscalisti dello Stato chiamano abbonamento o canone, ma ho razionalizzato perche’ comunque -solo per alcuni canali britannici, americani, francesi e ispanici- utilizzo questo elettrodomestico, e quindi, essendo imposta sul possesso, c’e’ una logica (pur se perversa e che non condivido affatto) per pagarla: dura lex, sede lex.
Ho evitato accuratamente gli spettacoli di vario intrattenimento, su cui decisamente non mi sento in grado di esprimere un giudizio non avendo strumenti e metodi di paragone, ed ho puntato sul tg del cosiddetto canale ammiraglio, Tg Uno, alle ore 13,30. Guardato tutto, mi sono chiesto: dove stanno le notizie? Quelle politiche erano del giorno prima e si estricavano sulla falsariga dei quotidiani del giorno (anche citandoli e facendoli vedere), ripetendo cose gia’ note (tranne per chi non legge i quotidiani e non segue l’informazione in Rete, tipologia di utente in notevole crescita…) e non arricchendole di qualche particolare approfondimento. L’immancabile (non in apertura, come spesso avviene la domenica) collegamento alle dichiarazioni di papa Francesco da Citta’ del Vaticano (non potrebbe essere altrimenti, visto che continuiamo a farci carico anche economicamente della presenza sul nostro territorio e nelle nostre istituzioni). Un po’ di sport di corsa con le reti
(goal) piu’ significative, un po’ di spot per i programmi della giornata sui canali della Rai… fino all’unica cosa che mi ha suscitato un certo interesse, la rubrica di libri; consapevole che si tratta di spot ben pilotati, ma non nego che talvolta e’ stata ispiratrice delle mie scorribande in libreria per rifornirmi.
Poi mi sono subito un “chilo” di pubblicita’, contrariato come sempre visti i miei 9 euro che pago in bolletta, e non potendo pensare all’abuso di posizione dominante che in questo modo la Rai pratica nei confronti dei propri concorrenti nel mercato tv. Stavo per spegnere ed aprire il mio libro domenicale, dopo aver visto un po’ di E-mail, ma mi sono detto: c’e’ la trasmissione di Gilletti, l’Arena, che talvolta, per l’attualita’ politica, e’ interessante, con ospiti altrettanto interessanti anche se troppo spesso urlanti e indomabili. Aspetto, e che mi trovo al posto di un approfondimento di alcuni fatti politici degli ultimi giorni? Romina Power, la eterna moglie di Albano, che dialoga con Gilletti sulla sua vita, matrimoni, figli, mamme, abiti, glorie, fan eterni, collegamenti al passato.. insomma tutta una serie di racconti e remake delle soapopera italiane, con l’uso di segni zodiacali premonitori ed esplicativi di questo e di quell’altro, contesti in cui tutto e’ speciale, compresi figli e situazioni identiche a quelle di ogni altro umano nel proprio contesto, dove tutto finisce sempre con un “ti voglio bene”.
Si’, lo so. Non è il mio ambito. Ma i soldi sono anche miei, anche per la preparazione e messa in onda del tg. Perche’ devo pagare per questo? Sono disposto a pagare, ma per quello che mi piace, che scelgo e che godo. Non sono disposto a pagare per cio’ che ritengo negativo in tutti i sensi: educativo ed economicamente. Ah, gia’. Dimenticavo. Sono un cittadino contribuente di questo Stato e devo finanziare cio’ che i miei governanti e legislatori ritengono utile al bene comune. Ma qual e’ il bene comune? Beh, prima di aprire ad una dissertazione da trattato di sociologia politica, economica ed istituzionale, mi fermo. Avro’ tante altre occasioni per farlo. Per il momento prendo atto di essere a disagio nell’abito di cittadino che non si riconosce nelle scelte delle proprie istituzioni.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc