Eurispes: Salvini protagonista con 900 presenze nei Tg di primetime. “Revival” di Berlusconi in occasione delle Regionali. Pd “fantasma” fino all’elezione di Zingaretti.
I protagonisti dell’informazione mainstream tra ottobre 2018 e marzo 2019
Protagonista quasi assoluto della comunicazione, tra ottobre 2018 e marzo 2019, è sempre Matteo Salvini (un dato che conferma il trend iniziato dopo le elezioni del 4 marzo 2018). In virtù del combinato disposto delle innumerevoli frizioni con la parte “gialla” del Governo (in particolar modo sulla Tav), e dell’attenzione mediatica conquistata sui temi dell’immigrazione (con tanto di iscrizione del Vicepremier nel registro degli indagati in relazione alla vicenda Diciotti), Salvini ha raccolto, tra ottobre 2018 e marzo 2019, quasi 900 presenze nelle titolazioni di Tg delle 7 testate generaliste nelle edizioni di primetime.
Il Capo della Lega ha potuto contare su di un tempo di parola notevolissimo, assolutamente superiore a quello del Premier e del suo amico-competitor Di Maio. I dati pubblicati da Agcom relativi a febbraio 2019, segnalano che Salvini ha beneficiato, grazie alle presenze relative alla sua duplice veste di Vicepremier e leader leghista, di un tempo di parola medio nei 7 Tg pari al 10% del totale, che sui Tg Rai è risultato sostanziosamente più elevato.
La voce di Salvini è dunque sempre molto presente, ma in modo differente a seconda della testata: dal 16,7% del Tg2, al 7,10% del Tg3, mentre sulle testate Mediaset oscilla intorno all’8%. Più avanti approfondiremo queste differenze, evidentemente legate ai nuovi equilibri che caratterizzano la scena politica nazionale.
Questo trend che focalizza l’attenzione mediatica intorno ai “Dioscuri del Governo”, ma che non nega spazio al Premier (soprattutto per il ruolo di cerniera con l’Europa), produce come risultato non secondario che le stesse tematiche oggetto delle loro presenze e dei loro interventi “scompaiono” in quanto tali, per essere assorbite dal loro “rimbalzo” nelle dichiarazioni dei due Vicepremier. Ciò vale in particolar modo per le questioni dell’immigrazione, che non è presente nella cronaca, ma “trionfa” grazie alla centralità assunta nelle polemiche della politica. Destino non dissimile è quello della Tav, che si risolve in una infinita partita di ping-pong tra Salvini e Di Maio (supportato da Toninelli).
Dai dati sopra riportati, risulta evidente la quasi totale assenza delle opposizioni nel primetime dell’informazione. Per Berlusconi si segnala un “revival” in occasione delle elezioni regionali in Abruzzo, Sardegna e Basilicata, in primo luogo grazie all’apporto delle testate Mediaset (36 presenze nei titoli delle 3 testate nel mese di febbraio). Per il Pd, la tabella che segue evidenzia come la sua “esistenza in vita” venga certificata dai Tg solo a marzo, grazie alla campagna delle Primarie che hanno incoronato Zingaretti.
Lo scenario politico-informativo ai tempi della “lottizzazione gialloverde”
Il semestre della comunicazione oggetto della nostra indagine, ha esordito con le nomine dei nuovi direttori dei Tg Rai, che si sono insediati a fine novembre. Alla guida dei telegiornali del Servizio Pubblico sono stati chiamati tre giornalisti, in due casi sostanziali emanazioni degli alleati di Governo; nel terzo caso, si tratta di una figura riferibile all’area di sinistra precedentemente vincente e al timone anche dell’ammiraglia Tg1, ma ora sconfitta e residuale. Giuseppe Carboni (area M5S) al Tg1, Gennaro Sangiuliano (area Lega, e più in generale di destra) al Tg2, Giuseppina Paterniti al Tg3: questo, da 4 mesi, il trio che guida l’informazione Rai.
È già possibile tracciare un bilancio delle loro direzioni?
Il primo elemento, forse scontato, ma pur sempre rilevante, è che la lottizzazione «è viva e lotta insieme a noi». Malgrado gli impegni di segno diverso assunti negli anni passati, e anche nell’ultima campagna elettorale, soprattutto dai M5S, del tipo «fuori i partiti dalla Rai», a Viale Mazzini è accaduto quello che immancabilmente si accompagna ad ogni cambio di maggioranza politica e di Governo. È stata così creata una nuova sponda mediatica, acconcia alla maggioranza gialloverde.
Un passo indietro: dopo le elezioni di marzo 2018, ma anche dopo l’insediamento, il primo di giugno, del nuovo Governo, e fino all’arrivo dei nuovi direttori, l’intero sistema dell’informazione televisiva era rimasto, per così dire, “sospeso”, e ciò aveva permesso a Salvini di “invadere” l’intero scenario della comunicazione attraverso una presenza martellante cui il nostro sistema, facilmente influenzabile dal potere, nuovo o vecchio che sia, non ha saputo o voluto resistere. La controprova è che i protagonisti della fase precedente, seguiti ed inseguiti dai media fino al 4 marzo, Renzi e Berlusconi, dopo il voto sono stati presenti solo in poche tracce. Ma proprio a partire da fine novembre il sistema trova una sua ricomposizione “tradizionale”.
Procedendo nella nostra analisi, partiamo proprio dai Tg del Servizio Pubblico.
TG1 – Il Tg di Carboni presenta tempi bilanciati per le forze di maggioranza: Di Maio spicca nei titoli, ma Salvini segue sempre a breve distanza e addirittura ha un tempo di parola superiore rispetto all’alleato di Governo. Particolare è poi l’attenzione data all’attività del premier Conte, molto presente nei servizi. Nei contrasti interni al Governo, Tg1 sembra propendere, anche se moderatamente, per le tesi di M5S, esprimendo comunque una posizione favorevole all’armonia del Governo. Per il resto, la direzione del Tg1 non ha mostrato particolari “cambi di rotta” rispetto alle precedenti direzioni. Un equilibrio che, se da un lato esprime correttezza, dall’altro rischia di non garantire una particolare identità alla testata, la qual cosa “cozza” con gli attacchi degli anni precedenti di Di Maio alle direzioni di Orfeo e Montanari, accusate di «eccessiva vicinanza al Pd». Paradossalmente, gli attacchi più marcati alla direzione Carboni sono venuti dalla stessa maggioranza. Durante l’audizione del 16 gennaio in Commissione di Vigilanza, il direttore Carboni è stato accusato dal capogruppo leghista Tiramani di non «dare sufficiente spazio all’operato della Lega», e di perdere ascolti, mentre ciò non avverrebbe per il Tg2 “leghista”.
TG2 – Il nuovo Tg di Sangiuliano presenta un quadro ben diverso: la distanza in termini di tempi di parola tra Salvini e Di Maio è decisamente più marcata, con il Ministro dell’Interno che presidia tutte le edizioni. I temi cari al Capo della Lega emergono anche dalle coperture dedicate a figure come Steve Bannon e Marine Le Pen, nonché nell’immagine critica che si dà dell’Europa, compresi alcuni editoriali molto duri nei confronti di Macron. Tg2 è stata, inoltre, la sola testata a difendere Tajani a seguito delle sue dichiarazioni sui “meriti” del fascismo prima dell’entrata in guerra. Per quello che riguarda i contrasti nella maggioranza, anche il Tg2 sembra seguire la linea dell’armonia tra le forze di Governo. Alcuni elementi di critica verso il M5S emergono attraverso lo spazio dato agli interventi delle opposizioni: il Pd e soprattutto Forza Italia, in particolare quando criticano la componente pentastellata.
TG3 – Il Tg della direzione Paterniti propone tempi bilanciati nell’attenzione alle forze di Governo, con uno spazio al Premier Conte che in media è superiore a quelli dedicati ai due Vice Salvini e Di Maio. La testata è l’unica a fornire un pur limitato palcoscenico alle forze d’opposizione. Il Tg3 mantiene una forte impronta europeista, ed è importante sottolineare che è, di fatto, l’unica testata ad aver dedicato un’attenzione reale ai temi dell’immigrazione e dell’accoglienza. Dall’inizio dell’anno, Tg3 ha intensificato gli spazi riservati alla società civile, con la proposta di report settimanali dedicati a specifiche problematiche (politiche, sociali e sanitarie), ed anche alle eccellenze del Paese.
Passiamo ora al fronte Mediaset.
Nel caso di Mediaset “il segno del nuovo” sa di antico. Infatti, per apprezzare gli ultimi cambiamenti nella direzione di Tg4, occorre tornare allo scorso anno, ai contraccolpi della sconfitta elettorale del partito di Berlusconi, e al sorpasso dell’“alleato” Lega.
Nel corso della primavera 2018 soprattutto Rete 4 era andata incontro ad un processo di “de-salvinizzazione”, che aveva portato all’allontanamento di diversi giornalisti accusati di aver tirato la volata al leader leghista. Molti “nomi illustri” tra gli epurati, tra cui i conduttori Del Debbio e Belpietro, e lo stesso direttore del Tg4 Mario Giordano.
Questa testata, tra aprile e settembre 2018, ha avuto due cambi di direttori, passando prima a Rosanna Ragusa e, dopo poco, a Gerardo Greco. Quest’ultimo, proveniente dalla Rai, ha cercato di imprimere una svolta al Tg, all’interno di una complessiva riforma del canale. Se nel corso dell’estate, ovvero nella “fase d’avvio” del nuovo Esecutivo, i Tg Mediaset hanno in qualche misura “contrastato” le scelte politiche del neoministro dell’Interno, a cominciare dall’autunno si sono verificati i primi riavvicinamenti, cui sembra abbiano corrisposto le riaperture ad alcuni dei giornalisti “epurati” solo pochi mesi prima, come Mario Giordano, al quale viene riassegnato uno spazio.
Con l’arrivo dell’anno nuovo, l’ufficializzazione della candidatura di Berlusconi alle Europee, e soprattutto gli appuntamenti per il voto in 3 Regioni che vedranno unito (e vincente) il tradizionale centro-destra, l’atteggiamento nei confronti della maggioranza vede un’intensificazione degli attacchi ai Cinque Stelle, e il tentativo di fare emergere i punti di rottura e le tensioni con la Lega. Nel mese di febbraio, ad esempio, su 25 aperture dedicate al Governo, 14 titoli hanno segnalato i contrasti all’interno della maggioranza, e l’incompatibilità della Lega con il Movimento Cinque Stelle.
Parallelamente, sempre più esplicito è apparso l’apprezzamento verso l’operato del Ministero dell’Interno. I Tg Mediaset hanno sposato e sostenuto organicamente le campagne della Lega per il controllo dell’immigrazione, la sicurezza, la legittima difesa e l’impegno per la costruzione della Torino-Lione.
Poche settimane fa, il 27 febbraio, Mediaset ha deciso l’allontanamento di Gerardo Greco dal Tg4, dopo solo un semestre di direzione – sostituito dalla stessa Rosanna Ragusa che l’aveva preceduto. Evidentemente, i cambiamenti impressi dalla direzione di Greco, giornalista “progressista”, compatibili nella fase di scontro con Salvini, mal si inquadrano in un contesto di rinnovato “flirt” con la Lega. Ecco, così, che Rete 4 ed il suo Tg sembrano “simboleggiare” l’auspicato ritorno della Lega nel centrodestra unito, per ben tre volte vincitore alle elezioni amministrative.
Concludiamo la nostra rassegna dei Tg delle reti generaliste con Tg La7.
Di contro ai tanti mutamenti e repentini assestamenti delle altre testate, nell’ultimo anno Tg La7 non sembra aver cambiato linea nei confronti del nuovo Esecutivo: Mentana fornisce sempre un quadro corretto e equilibrato, anche se non nasconde in alcuni casi la sua preoccupazione sui temi dei diritti, con esplicite contestazioni verso alcune dichiarazioni o provvedimenti, contestando esplicitamente molte posizioni di Salvini.
Nonostante il limite derivante da ascolti modesti, il Tg La7 è particolarmente apprezzabile perché rappresenta una “nicchia” di informazione corretta ed approfondita, sia sulla politica interna sia sugli esteri. Questa condizione è in primo luogo garantita dall’attivismo del suo infaticabile direttore e principale condutture, ma anche dalla invidiabile condizione di non dover rispondere né ad un gruppo editoriale impegnato in politica (come Mediaset), né al peso della politica e del Governo che irretisce il Servizio Pubblico. In sintesi, prodotto di nicchia ma, forse proprio per questo, di notevole qualità.