Io non intendo esprimere solidarietà ai giornalisti così duramente attaccati dagli arroganti e dai prepotenti. No. L’espressione di solidarietà è diventato un esercizio di stile, come gli ordini del giorno degli amministratori rivolti ai giornalisti che perdono il lavoro per la chiusura della loro azienda, salvo poi che chi ha firmato quegli ordini del giorno vada ad assumere direttori andati in pensione col massimo della pensione e disposti a togliere spazio a disoccupati.
Basta con falsi proclami. Io sogno una risposta, la più impattante, la più ferma, la più forte possibile, da parte di una categoria che si è sfilacciata, disunita, dispersa. C’è – ed è forte – il bisogno di restituire autorevolezza al mestiere di giornalista. Ma chi mai siete per gettarci addosso il vostro fango?
Chi, voi che difendete le vostre nefandezze, dando ora la colpa alla Magistratura, ora a chi fa il proprio mestiere mettendo semplicemente a disposizione della gente le vostre parole meschine? O vostri laidi giri? Le debolezze non private ma in atti d’ufficio?
Basta con la solidarietà, occorrerebbe una risposta unitaria, forte, coesa, dignitosa, orgogliosa di chi ha sempre rispettato le regole di questo mestiere, sia verso chi lo infama sia verso colleghi che hanno venduto l’anima al diavolo.
Bisognerebbe dare vita a una totale protesta silenziosa. Un black out generale, si decida per quanto tempo, di tutte le fonti d’informazione. Uno stop esemplare. Assoluto.
E non solo per le parole di chi usa toni inaccettabili e poi fa bella mostra di se’ in ogni dove. Anche contro chi questo mestiere lo inquina “da dentro”, avviando una seria e profonda revisione. Silenzio non subito, ma imposto verso chi decide di fare silenzio stampa per banalità e poi stabilisce quando gli torna la parola.
Silenzio verso chi lascia una sala stampa per la presenza di un giornalista che non accetta. Silenzio per chi usa posizioni differenti, per esempio al governo, e la tessera da giornalista per uccellare gli stessi colleghi facendo passare per scoop un vomitevole abuso di potere.
La vituperata America vanta una tra le espressioni giornalistiche più libere al mondo, Donald Trump, che è tra gli uomini più potenti della terra, attacca duramente, usa toni beceri, ma si guarda bene da mettere in discussione ciò che è sancito dall’atto più importante al mondo, per lui e per milioni di suoi connazionali. La Costituzione!
Giù le mani da un documento scritto da uomini onorevoli non per scelta elettorale ma per nobiltà d’animo! La risposta spetta a noi! Non è il giornalismo a infangare la politica ma è un modo di fare politica che ha inquinato il giornalismo.
Diego Costa