Libertà d’espressione. Ancora “Libero” che stimola i censori…

“Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay”. Questo il titolo del quotidiano Libero, diretto da Vittorio Feltri. “De gustibus…” si dovrebbe dire. E finire lì. Ma a rendere diverso il tutto ci pensano i censori che, quando poi hanno anche il potere, sono più pericolosi di quanto già non siano di per sé.

 

I censori sono rappresentati in primis dal sottosegretario con delega all’Editoria, Vito Crimi che, forte della sua posizione di potere e delle sue decisioni politiche in merito ai tagli all’editoria (Libero incluso), cerca di essere anche trucido: “…Avvierò immediatamente una procedura interna per vagliare la possibilità di bloccare l’erogazione dei fondi residui spettanti ad un giornale che offende la dignità di tutti gli italiani e ferisce la democrazia…”.

Domanda semplice semplice da parte di un disincantato del diritto e della libertà quale noi siamo: “Anche noi, signor sottosegretario, non gradiamo certe allocuzioni, ma ci basta sostenere che ci fanno schifo e non impedire che vengano scritte… forse pensava che dare contributi all’editoria significava far dire ai beneficiare quello che lei reputa giusto?”.

Anche a noi non piacciono i contributi all’editoria, e se fossero erogati  con altre modalità (agevolazioni, per esempio) invece che come soldi sonanti, ci piacerebbe. Ma non ci viene in mente di dire, a chi ha le caratteristiche tecniche per usufruire di queste agevolazioni, che di conseguenza devono dire ciò che a noi piace.

Il nostro sottosegretario dice che ci sono anche reati previsti dai codici in queste frasi? Non lo sappiamo. Per questo, comunque, c’è un potere istituzionale che dovrebbe giudicarlo, quello giudiziario. Mentre se a decidere è il potere esecutivo (Crimi nella fattispecie), il tutto diventa problematico e pericoloso, per la nostra democrazia che si basa proprio su questa divisione dei poteri.

Sappiamo che il sottosegretario e tutti gli altri che chiamano alla censura sono in parte confortati anche dai nostri codici che prevedono i reati d’opinione, ma oltre a ripetere che a occuparsene deve essere la Giustizia, ci preme ricordare che tutti e due i partiti di governo hanno più volte ricordato di essere contrari alla sussistenza di questi reati nei nostri codici. Qualcosa non torna o siamo noi fuori di testa?

Vincenzo Donvito, presidente Aduc