E’ verò, truccò delle partite, e purtroppo lo fanno in tanti calciatori, "più in B che in A", è "un problema culturale. Ho commesso due errori, gravi, ma sono questi due": lo dice Cristiano Doni, ex capitano dell’Atalanta travolto dallo scandalo scommesse, parlando con La Repubblica. E si riferisce a due partite, come specifica: Ascoli-Atalanta e Atalanta-Piacenza; quest’ultima la partita dove il portiere Cassano gli avrebbe detto, ribadisce Doni "tira centrale che io mi tuffò".
Poi Doni conferma che ci fu una combine anche per una lontana Atalanta-Pistoiese del 2000, che sarebbe stata decisa in una cena. "Ci indagarono e poi ci assolsero", osserva, "se qualcuno mi vorrà chiedere spiegazioni gliene darò".
E insiste: riportare l’Atalanta in A era il suo unico obiettivo, "per me era un’ossessione, avrei fatto qualsiasi cosa. Anzi ho fatto qualsiasi cosa. Ho tradito lo sport". Però, vuole sottolineare, non da solo: a tradire "sono molti, troppi. In B più che in A perchè a parte 3 o 4 club, gli altri pagano poco anche 20mila euro l’anno. E così i calciatori sono più corruttibili. Però in generale sono molti, sì, è un problema culturale".
Elogia il meccanismo della giustizia, Doni: "sono stati tutti bravi, il poliziotto che mi ha arrestato, il giudice Salvini, il pm De Martino, il mio avvocato… Mi hanno permesso di cominciare un percorso che non so dove mi porterà ma che dovevo cominciare. E che spero comincino per tempo tutti i miei colleghi. Mi piacerebbe davvero se finisse l’omertà nel calcio, se quello che è successo a me fosse un punto di svolta per tutti".