Bisogna ‘rivedere i protocolli’ per le visite medico-sportive e pensare di andare verso una sorta di ‘doppia idoneità, sportiva e cardiologica’ come forma di prevenzione per la morte cardiaca improvvisa dei giovani, che rappresenta il ’90-95% dei casi di morti improvvise tra gli sportivi’. Ne sono convinti Francesco Fedele e Francesco Romeo, rispettivamente direttore del dipartimento di malattie cardiovascolari e respiratorie dell’università La Sapienza di Roma e presidente della federazione dei cardiologi, secondo i quali peraltro ‘a bordo campo’ deve esserci personale preparato adeguatamente alla rianimazione cardio-polmonare ‘che si insegna a tutti i medici all’università, ma che poi ha bisogno di pratica e di essere ‘rifnrescata’ negli anni’. Nella visita per ottenere l’idoneità sportiva, secondo gli esperti, ‘lo ‘step-test’ (il gradino che si sale per due o tre minuti prima di sottoporsi a elettrocardiogramma, ndr) non basta perchè così si fa un esame ‘dopo’ lo sforzo non ‘da’ sforzo, che non riesce a vedere molto’. Esame che peraltro andrebbe condotto ‘dal cardiologo e non dal medico sportivo e che non sempre puo’ essere in grado di ‘approfondire’ in campo cardiologico. A maggior ragione se si considera che ‘la mortalita’ nella popolazione giovanile – come ricorda Romeo – è due e volte e mezzo maggiore tra chi pratica uno sport’ bisogna pensare di ‘rivalutare – incalza Fedele – il ruolo del cardiologo’ pensando di introdurre per esempio anche ‘l’ecocardiogramma e una prova da sforzo vera’. A margine della presentazione di una campagna di sensibilizzazione sulla morte improvvisa tra i giovani, Romeo ricorda anche che il rischio di morte cardiaca improvvisa ‘aumenta quando in famiglia si è già registrato un episodio del genere’ e che nel caso di Piermario Morosini ‘questa familiarita’ c’era’. Per il centrocampista del Livorno morto sabato scorso, aggiunge, si potrebbe essere trattato ‘di una anomalia strutturale del cuore’ difficile da individuare anche con l’autopsia.