A Canicattì quando hanno da spedire un “messaggio” certo non badano a limiti di fantasia. A un certo punto abbiamo perso il conto: dieci, quindici, venti, forse anche quaranta. Erano gli ultrà della squadra di basket della Mario Mura Canicattì che insultavano il giocatore di colore del Cus Messina Walid Mumuni: la sua unica colpa era di avere la pelle nera. Oggi i colleghi di Realbasket Sicilia – grazie alla disponibilità di quelli di Tele Radio Canicattì mettono online uno spezzone del match fra Mario Mura e Cus Messina. Lo spezzone riporta le “battute migliori” giusto per fare colore. Ma la verità, la realtà è un’altra cosa. Perché le battute migliori si erano già sentite prima: non una ma dieci, cento, mille. E tutte avevano come bersaglio Mumuni. E in ogni caso se il presidente del Canicattì ci fornisce il video integrale della gara e non quello magari “edulcorato” siamo in grado di riconoscere tutti quegli individui che hanno “salutato calorosamente Walid”. Anche perché sono gli stessi che poi hanno voluto riservare lo stesso trattamento "caloroso" anche al coach e giocatori del Cus seduti in panchina. Si può essere tifosi, si può essere di parte, ma c’è un limite a tutto. Chi non conosce le regole dello sport non dovrebbe essere autorizzato a entrare in un palazzetto o in uno stadio. D’accordo che nessuno è in grado di capire e di prevedere cosa comporti esattamente la libertà d’azione e di pensiero, ma certo accettare la violenza o il razzismo porta all’inferno. Secondo quelli di Realbasket Sicilia è possibile vedere la reazione del pubblico dopo il fallo tecnico fischiato a Mumuni e sentire l’audio ambientale. “Al minuto 1′ 20” si sente abbastanza distintamente il coro “Corvo nero pezzo di m****”. L’insulto degli ultras locali, a loro dire è rivolto all’arbitro e non a Mumuni. Vedendo e ascoltando il video i nostri lettori se ne potranno fare un’idea…”. D’accordo che la Sicilia è per certi versi una terra complicata e difficile, ma far passare per credibile la tesi che degli ultrà insultino gli arbitri dopo un fallo tecnico fischiato al giocatore avversario, ci sembra una esagerazione. Come se dopo un calcio di rigore in favore dell’Inter, contro il Milan, gli ultrà nerazzurri ringraziassero l’arbitro con … “sei un pezzo di m….”. Pure il pensiero deve uniformarsi alla realtà e al senso delle cose che è, appunto, senza logica e senz’anima. Quasi si trattasse di un’arrampicata libera dell’intelligenza. A Canicattì, però, ci pare di capire, devono aver perso la testa, oltre che la faccia, se ancora per giustificare l’ingiustificabile (cori razzisti, minacce e insulti) usano questi mezzucci pur di non chiedere scusa, e buonanotte al secchio, al Cus Messina e ai suoi atleti. Proviamo a fare chiarezza, una volta di più. Leggiamo dal comunicato del Giudice sportivo dopo gara2: … insulti razzisti rivolti all’atleta del CUS Messina Walid Mumuni durante gara2 dei playoff di serie C Regionale Canicattì – Cus Messina, sulla scorta di quanto riportato sul referto arbitrale della gara in questione, ha comminato una giornata di squalifica al campo di gioco del Canicattì ai sensi dell’art. 26 comma 2 del Regolamento di Giustizia (Comunicato Ufficiale n. 500 del 23/05/2012). Per i non addetti ai lavori, l’articolo in questione (26 comma 2 R.G.) prevede la sanzione nei casi in cui il pubblico indirizzi "…offese o minacce frequenti… nei confronti di un tesserato ben individuato, ovvero nel caso in cui si tratti di manifestazioni ispirate a odio o discriminazione razziale…". Una cosa balza subito agli occhi: i due arbitri – Collura e Giordano di Gela – hanno visto e sentito tutto. E allora, sarebbe lecito aggiungere: perché non hanno fermato il gioco per far sospendere subito i cori contro Mumuni? Paura? Timidezza? Leggerezza? Sottovalutazione del fatto? Cinismo? In ogni caso Collura e Giordano hanno certificato che non sono in grado di tenere in pugno una partita: hanno permesso agli atleti di casa di tutto e di più. Più che una partita di basket sembrava di assistere al "Sei Nazioni"! Collura e Giordano hanno dimostrato che non hanno quella autorevolezza necessaria per far rispettare le regole e dunque, chi di dovere, dovrebbe metterli a riposo per sei mesi. Dovrebbero farli maturare, altro che promuoverli. Quello che è accaduto a Canicattì è anche colpa della loro inadeguatezza al ruolo. Ogni giorno il brulichio selvaggio del cambiamento costringe questa terra a misurarsi con una tensione senza orizzonte. Se una società sportiva non riesce a controllare i suoi tifosi è meglio disfarsi di costoro piuttosto che aspettare che intervenga il giudice sportivo o peggio, penale. Lo sport è altro, il tifo è altro. Attendere una sentenza è troppo tardi e poco educativo. Ed è un bizzarro modo di concepire la giustizia, se a Canicattì si spaccia la fantasia per realtà. Anche la Mario Mura le aspetti e le rispetti, come tutti. Ora, con tutto il rispetto per le loro lodevoli intenzioni e per la voglia di tenere alto il buon nome di Canicattì – cosa giusta è lecita, e infatti all’interno del palazzetto c’erano persone del luogo che hanno preso le distanze dai cori razzisti – il garantismo qui non c’entra nulla e ci dispiace che il presidente della società non riesca a sbarazzarsi dei suoi riflessi condizionati. Lo sport non è il paradiso dei cialtroni e non è neppure un luogo di teppisti. E’ la vita di tutti i giorni, la fatica, il salario, il raccomandato, l’amore per un sogno, perdonate la parola ormai in disuso… Ma è anche la terra degli sperti. Se per qualcuno è invece un godimento truffaldino, se ci sono violenti e razzisti, affrontiamoli e puniamoli, e, soprattutto, rispettiamo le regole dello sport, della vita. Insomma, ragionare non è non è una cosa normale. Però, aspiriamo che lo sia.