(D)ISTRUTTORI DI GENERAZIONI

Quanto è importante oggi il ruolo dello sport fra i giovani e gli adulti? Una cosa è certa, cioè che tutti vivono insieme allo sport: a scuola, per strada, guardando la televisione. Lo sport è in grado di formarci, di farci capire quanto siano importanti valori come l’amicizia, il gioco di squadra, la determinazione, il sacrificio e il divertimento. Ma come cantava Povia in un suo celebrissimo pezzo “Senza qualcuno nessuno può diventare un uomo”; e qui entrano in gioco gli istruttori… anche se in questo caso dovrebbero essere chiamati (d)istruttori (come mi è più volte capitato di leggere negli articoli dei mesi scorsi qui su IMG Press). A tal proposito vorrei raccontare una serie di aneddoti personali sull’incapacità degli istruttori di insegnare i valori appena citati. A 8 anni ho sentito in me la voglia di entrare nella squadra giovanile di pallavolo della mia cittadina; all’inizio volevo farlo solo per seguire l’”esempio” di tantissime mie coetanee, e perchè lì forse avrei trovato qualche amica in più, ma poi la passione si è fatta sentire. Eppure quei cinque anni e mezzo, per quanto mi abbiano permesso di imparare a giocare ad uno sport messo troppo in secondo piano in Italia, sono forse stati anche fra i più terribili della mia infanzia, perchè ho avuto modo di scoprire che lo sport ormai è costituito solo da disagi: istruttori poco attenti alla formazione delle ragazze e favori a giocatrici imparentate con gli stessi istruttori o con personaggi importanti. Ci sarebbero tanti altri disagi da descrivere, ma il più “offensivo” ricordo che accadde durante una partita (credo fosse una semifinale): tutte le ragazze della squadra scesero in campo, eccetto la sottoscritta. La presi come una delle offese peggiori che mi fossero state fatte fino ad allora. Non che io fossi una delle promesse della squadra, ma quanto poteva essere difficile dare un’opportunità anche alle meno promettenti è un dilemma che mi assilla tutt’oggi (facendo presente che quel giorno scesero in campo anche giocatrici peggiori di me), e sono passati più di sei anni. Tornando al discorso di partenza, quella dei (d)istruttori dovrebbe essere una questione da approfondire fra le società sportive, in particolar modo quelle giovanili. Se i giovani rappresentano davvero il futuro e il presente e sono la speranza per un mondo più giusto ed equo, cosa sperano di ottenere questi individui che puntano alla selezione aristocratica e non meritocratica? Lo sport ormai è lo specchio della società, e come tale rispecchia due lati: quello formativo e quello corruttibile. Verso quale lato si vorrebbe spingere i ragazzi? Se voi, cari (d)istruttori avete scelto il primo lato, potrei tranquillamente togliere quella “d” fra parentesi e rivolgermi nei vostri confronti con un tono tutt’altro che dispregiativo; se voi, cari (d)istruttori avete scelto il secondo lato, spererò con tutto il cuore che il rimorso di aver spinto dei giovani, che volevano solo scoprire le mille sorprese della vita con il gioco e la competizione amichevole, verso un tunnel senza via d’uscita e dal quale solo una squadra di specialisti sarà in grado di tirarli fuori, possa perseguitare per tutta la vostra carriera della quale non avrò il minimo rispetto o riguardo! Anche lo sport e diventato come la politica: personaggi gretti e arroganti che pretendono di risolvere questioni complesse dando il peggio di sè. Non mi sorprendo se parlando con gli amici mi trovo costretta ad ascoltare risposte come: “No, lo sport non mi piace, fa tutto schifo, è solo droga e violenza”. Vogliamo salvare almeno l’unico evento ancora esistente (escludendo forse la musica) che potrebbe permettere ai giovani di stringersi la mano affettuosamente e complimentarsi a vicenda per le proprie doti oppure di fare critiche costruttive sulle tecniche ancora da perfezionare?

Ilaria Del Fuoco