"Io credo che il buio sia sempre in agguato nel cuore dell`uomo. Ci sono momenti in cui si smarrisce quel senso di luce che magari si è portato avanti nel corso degli anni. Credo che Alex Schwazer abbia subito proprio questo". E’ il commento affidato ai microfoni di ‘Radio vaticana’ da don Mario Lusek, cappellano della spedizione olimpica azzurra.
"Ammirato da tutti, sicuramente anche invidiato, ma nello stesso tempo anche lui con le sue fragilità, con le sue ansie, con le sue paure", prosegue il sacerdote. "Questo ci fa dimenticare un aspetto che io amo sempre rimarcare: gli atleti che sono alle Olimpiadi in fondo sono giovani, con tutto quello che è tipico di una condizione giovanile. A volte non riescono a sopportare né il senso del limite né tantomeno la paura. Eppure la marcia poteva essere una metafora nell`evitare scorciatoie pericolose per arrivare a quelle mete per cui si è lottato e per cui ci si impegna. Quindi l`amarezza è la reazione più diffusa, l`amarezza e lo sconforto perché appunto la persona è ammirata ma nello stesso tempo anche la tenerezza, chiamiamola così, l`attenzione perché non vada perso l`uomo".