di Roberto Gugliotta
Altro che doppia Guinness. Il pallone di basket è scoppio e tutti possono sostenere di aver avuto un ruolo nel panorama sportivo messinese pur non avendo nè il fisico né la stoffa… questo lo dobbiamo al mercatino fai da te che prolifera sul web. Più che notizie si spacciano fregnacce: se fossimo alla Corrida di Corrado potrebbero partecipare alla gara di “pernacchia ascellare”. Ma che ci possiamo farci, siamo tutti vittime della fiera delle vanità. Siamo tutti personaggi in cerca d’autore avrebbe sentenziato Pirandello qualcuno però lo è di più. Nella vita come nello sport ci sono regole e ruoli, protagonisti e comprimari. Due anni vissuti da vincente al Cus basket Messina – non per merito mio, ci mancherebbe – grazie alla conduzione di coach Pippo Sidoti, mi avevano lasciato un barlume di speranza (quella della disperazione e del crederci nonostante tutto) che si è letteralmente disintegrata e volatilizzata e spazzata via in un big bang con l’arrivo delle nuove ondate di barbari e dei primi vagiti della pallafaidate: non c’è niente da fare, Messina preferisce il nulla al merito. Meglio la mediocrità che il top così tutti possono sentirsi autorizzati a definirsi atleti. Per non cadere in tentazione mi faccio aiutare da Wikipedia affinchè il concetto “atleta” possa essere chiaro anche a chi non ha dimestichezza con lo sport: con il termine atleta si identifica colui che pratica uno sport, in particolare a livello agonistico e professionale. Di solito coloro i quali non praticano attività agonistica, sono definiti "amatori" oppure "praticanti". Ecco per essere chiari, non tutti si possono definire atleti perché privi di quelle caratteristiche fondamentali: fisico, tenacia, determinazione, grinta. Atleta è colui che è dotato di destrezza fisica e di forza muscolare. Chiaro? Spero di sì perché farlo capire a tutti non è semplice, specie ai genitori, di fatto i peggiori nemici dei loro figli. Dicevo che devo essere riconoscente a coach Sidoti per avermi fatto capire la differenza tra atleti e amatori: non è una colpa essere schiappe nello sport, lo è pensare di essere un buon atleta senza esserlo. Magari hanno ragione gli studiosi norvegesi quando asseriscono che i giovani di oggi sono “schiappe” nelle attività sportive per colpa di computer, auto e tv. In una parola schiappe perchè viziati dai genitori. I ricercatori puntano il dito sulla scarsa importanza data all’educazione fisica nei programmi scolastici: ogni giorno ci dovrebbe essere un’ora di educazione motoria, fin dalla scuola dell’infanzia. In molte scuole messinesi peraltro il poco tempo dedicato alla ginnastica sfuma senza che si faccia davvero movimento, perdendo un enorme potenziale educativo: le famose regole su comportamento e merito. In una palestra dove mancano le regole non c’è educazione vince la prepotenza dei genitori, si respira l’invidia e i complotti sono all’ordine del giorno. Coach Sidoti in due anni s’è difeso bene, ci aveva creduto, aveva lottato, ci aveva inondato con la sua speranza che si poteva fare, ma non s’è potuto e non s’è fatto – e nonostante le critiche che mi pioveranno – non potevo restare in silenzio: può piacere o non piacere ma questa è la verità. In questi due anni di attività al Cus basket Messina ho potuto “pesare” atleti, uomini e cose: chi ha giocato lo ha meritato perché più atleta degli “amatori”. Oggi quel che resta del basket in città è qualcosa di molto diverso: è un gioco amatoriale. Non è una Academy, non è un progetto, non è una palestra di vita, è un’illusione che evapora al sole e Messina sarà priva, dopo due anni, di una formazione di prestigio, una squadra che ha tenuto alto il nome della città nei palazzetti di Sicilia e Calabria. Cosa ci resta? Tutti a dire: di cosa ti meravigli? Si sapeva. Era scritto nel destino. Era scritto nelle carte. Era scritto nei fondi di bottiglia. Era scritto nell’interpretazione del volo delle rondini che non fanno primavera. Era scritto nelle viscere di un città che semplifica il merito a raccomandazione con un lungo elenco di vittime illustri e con la faccia del SOMARO che fra poco si ergerà a Salvatore della Patria: perché forse lui è Highlander come dice il suo medico curante. Io torno a meravigliarmi perché non me ne faccio una ragione. Io voglio espatriare. È un sentimento che parte dallo stomaco. Voglio democraticamente cambiare cittadinanza. Le informazioni sul web sono espressione di democrazia e touché, riconosco la democrazia del popolo cui faccio parte: il popolo sovrano ha deciso che vuole schiappe al posto di atleti e uccidere così la speranza di uno sport migliore. Adesso mi si dirà che è il solito snobismo di chi non capisce e non ha mai capito la portata rivoluzionaria del messaggio dei nuovi profeti del basket. Io getto la spugna: non capisco e non ho mai capito la portata rivoluzionaria del Verbo dei somari. Per stanotte mi restano solo la Guinness, le sfogliatelle napoletane regalate da alcuni amici e tanta cioccolata. Adios, amigos. Calata è la notte, la palla è scoppiata!