Le sanzioni amministrative emesse dal Giudice Sportivo nei confronti delle Società di calcio e dei relativi impianti, sono sacrosante. In occasioni in cui, infatti, il tifo manifesta intollerabili derive violente, razziste o xenofobe, e ciò viene di fatto permesso all’interno di strutture gestite da soggetti privati, non é solo giusto, ma sin anche doveroso che il Giudice Sportivo sanzioni la Società e la struttura in cui i ‘fattacci’ avvengono, non solo con ammende, ma anche con la sospensione di tutto lo stadio, o di singoli settori di esso. Così è avvenuto, per esempio, l’11 novembre u.s., quando la Società Juventus F.C. è stata sanzionata a disputare due gare con i settori della ‘Curva Sud’ e Curva Nord’ dello Juventus Stadium chiusi, a causa dei cori razzisti inoltrati dai tifosi juventini alla volta di quelli napoletani nella partita di campionato del giorno prima. La sanzione specifica che la condotta contestata “integra inequivocabilmente, senza la necessità di ulteriori approfondimenti, gli estremi del ‘comportamento discriminatorio per origine territoriale’”, altrimenti detta xenofobia. C’è tuttavia un aspetto che però sembra sfuggire, da un punto di vista giuridico, alla logica del provvedimento: ma perché se ad essere sanzionata è la Società ed il suo ‘Stadium’, a rimetterci dev’essere il tifoso abbonato? Infatti, le Condizioni generali di abbonamento alle partite casalinghe della Juventus F.C. (ma è lecito supporre che così siano quelle di tutte le altre squadre), prevedono che “l’obbligo di giocare partite a porte chiuse, e/o eventuali chiusure di settori, […] non genereranno diritto al rimborso”.
Volendo per il momento tralasciare i motivi giuridici che dovrebbero far ritenere la clausola come ‘vessatoria’ ai sensi del Codice del Consumo, atteso che inserisce limitazioni alla responsabilità del soggetto professionista (in questo caso: la Società calcistica), ciò che qui interessa è: ma perché la Società sportiva non deve rimborsare l’abbonato per le partite che il medesimo non potrà vedere?
Non dimentichiamoci, infatti, che ad essere sanzionata è la Società calcistica, in quanto la medesima, ex art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva, “rispond[e] oggettivamente anche dell’operato […] dei propri sostenitori”, tanto da avere tutti i poteri di perquisizione, allontanamento e sospensione nei confronti dei propri abbonati (es.: punti nn.5 e 7 del ‘Regolamento d’uso dell’impianto’ della Juventus F.C.), oltre che di impianti che devono essere “dotati di strumenti che consentano la registrazione televisiva delle aree riservate al pubblico” (Art.1-quater D.L. 28/2003). La Società, dunque, risponde con responsabilità oggettiva, proprio perché ha tutti i poteri/doveri di non permettere il verificarsi di certi eventi, per i quali infatti è dotata dalla legge di tutti i mezzi di prevenzione. Inoltre, si potrebbe anche aggiungere che, in virtù della titolarità nominativa dei posti e degli abbonamenti, e della concorrente presenza (obbligatoria) di strumenti di registrazione audio-video, sarebbe onere della Società poter individuare i (pochi) responsabili di comportamenti incivili, anche e soprattutto a tutela della maggior parte degli abbonati che ancora ritengono piacevole andare allo stadio per apprezzare un grande evento sportivo, piuttosto che per godere di due ore di inurbana impunità.
Antonello Polito, legale, consulente Aduc