Sport nelle carceri, non siamo all’anno zero. L’esperienza Uisp è trentennale

“Sport in carcere”: è questo il titolo del protocollo siglato in questi giorni dal Coni e dal Ministero della Giustizia. Qual è il commento dell’Uisp, che da molti anni promuove progetti nelle carceri e negli istituti minorili italiani? “Ogni atto che serve ad ampliare la proposta sportiva è da considerarsi molto positivo – dice Vincenzo Manco, presidente nazionale Uisp – perché attraverso lo sport e l’attività motoria migliora la condizione psicofisica di ogni persona. Soprattutto se la proposta è indirizzata verso la popolazione carceraria che soffre la privazione della propria libertà e della propria capacità di movimento”.

“L’Uisp svolge già, da tantissimi anni, attività all’interno dei penitenziari attraverso Protocolli specifici con il Ministero della Giustizia. A partire dalla metà degli anni ’80 una serie di progetti territoriali Uisp vennero legati tra di loro in un progetto nazionale che venne lanciato nel 1990, dal titolo "Porte Aperte". Contemporanemanete, proprio in quell’anno, partirono le prime edizioni di Vivicittà in carcere che proseguono tutt’ora e coinvolgono ogni anno sedicidi istituti di pena. Quest’anno l’Uisp ha lanciato il progetto "Terzo Tempo" negli istituti minorili, sostenuto dal Ministero della giustizia-Dipartimento giustizia minorile, insieme alla Fondazione con il Sud e a Enel Cuore. Questa storia che l’Uisp ha accumulato è un patrimonio dell’intero sport italiano per cui oggi si può ben dire che non siamo all’anno zero, anzi. In questi anni abbiamo costruito e accumulato competenze, professionalità, formazione, nuove proposte sportive e motorie. Il centro della nostra proposta si è legato alla valorizzazione del proprio corpo come primo ambiente, che deve essere rispettato e messo in relazione con gli altri”.

“Abbiamo stabilito un rapporto proficuo dal punto di vista dei risultati sociali con la popolazione carceraria e con l’amministrazione penitenziaria, siamo un soggetto credibile, un soggetto che entrando in contatto con quel mondo rappresenta oggi una occasione di libertà e di civiltà. Cerchiamo di interpretare il dettato costituzionale relativo alla funzione rieducativa, sociale e soggettiva, del detenuto attraverso l’attività sportiva”.

“Proprio per questi motivi – conclude Manco – siamo sicuri che il Coni prima di procedere ad eventuali proposte terrà conto di tutto queste nostre esperienze, passate e presenti, per raggiungere gli obiettivi che il Protocollo si propone e per garantire la pluralità della proposta nella pari dignità dei soggetti che esso stesso rappresenta. Abbiamo condensato un patrimonio che deve essere tenuto in considerazione e che ben volentieri mettiamo a disposizione di questo nuovo Protocollo, soprattutto nella composizione del previsto Comitato paritetico che avrà la funzione di predisporre le proposte ed i programmi di attività per la popolazione carceraria”.