Un dirigente politico che si rispetti non può non farsi vedere allo stadio durante una partita di calcio. Così accade anche per personaggi importanti dell’economia, della cultura e dello spettacolo. Ma quel che più colpisce sono i dirigenti politici, soprattutto quando gli stessi sono espressione di un territorio che fa riferimento ad una specifica squadra di calcio. Se poi alcune città hanno addirittura due squadre di calcio, è abituale che il politico locale -soprattutto Sindaco- si faccia vedere nelle occasioni in cui a giocare è la squadra più radicata in quella città. Quindi, meglio le partite della Roma che non della Lazio, della Juventus che non del Torino, mentre sorgono dubbi per Milan/Inter e Genoa/Sampdoria perchè -almeno stando alle attuali classifiche- sono grossomodo di pari merito. Fortunati, invece, quei politici con squadre uniche tipo Fiorentina, Napoli, Cagliari, Bologna, etc. Poi ci sono i casi anomali, tra cui ricordo l’ex-Sindaco di Roma Walter Veltroni, che era tifoso della Juventus e che andava alle partite di calcio delle due squadre romane; oppure sempre l’ex-Sindaco di Roma, Francesco Rutelli, che era tifoso della Lazio da prima di diventare Sindaco e, probabilmente, non fece in tempo a convertirsi, così come invece fece per la sua fede religiosa. Insomma, un Sindaco che si rispetti deve sempre mostrare di essere vicino ai suoi concittadini/amministrati, e lo fa presupponendo che una squadra di calcio sia la massima espressione di unità della propria città, dove anche le persone di opposte fedi politiche si ritrovano spesso insieme nella fede calcistica. Il contesto in cui questa passerella si manifesta è quanto di più torbido ci possa essere nel già diffuso torbido della nostra società civile, politica ed economica. I fatti dell’altro giorno a Roma, con tanto di code di indignazione e riprovazione, avvengono da decenni e decenni, e niente è stato fatto per impedirli. I risultati truccati delle partite sono abituali, con tanto di processi della cosiddetta “giustizia calcistica”, che nulla cambiano, tant’è che spesso le squadre sanzionate, ritornano in auge nelle serie da cui sono state retrocesse, grazie alla mafia del settore. Le società che gestiscono le squadre talvolta falliscono, ma vengono risollevate dai Sindaci locali, che sembra lo facciano per il bene della propria città. Non metto in dubbio che ci siano persone che sentono la passione per la partecipazione a questo sport, foss’anche solo per parlarne al bar o al circolo, ma non riesco a tapparmi orecchie e occhi per non vedere cosa è oggi questo sport nelle serie cadette. Ci sono fior fiore di circoli sportivi dove sono tante le persone che partecipano e fanno tornei locali o nazionali, ma quelle partite delle serie maggiori, con tanto di politici in prima fila, oltre a provocare quello a cui abbiamo assistito all’Olimpico di Roma l’altro giorno, mi danno disgusto civico. Istintivo rifiuto civico per attori e spettatori, tutti finti, che sanno di esser finti e adorati da persone pur consapevoli di questa finzione. Ci vuole la riforma? Ma non prendiamoci in giro. Il problema esiste da decenni e decenni e nessuno vuole porvi rimedio, proprio perchè è un fenomeno che se non avesse uno stuolo di ipocriti e truffatori, non sarebbe quello che è, non avrebbe mercato e rilievo, ma diventerebbe “solo” sport. Per concludere. Gli stadi dell’antico impero romano, con dentro leoni, schiavi e gladiatori, hanno fatto il loro tempo e non ci sono più e nessuno si sognerebbe oggi di riproporli. Le corride spagnole hanno fatto anch’esse il loro tempo. E’ tempo di dire, quindi, che anche le partite di calcio con la partecipazione degli spettatori negli stadi, hanno fatto il loro tempo.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc