L’emendamento approvato ieri dal Governo cambia il decreto Melandri sui proventi dei diritti tv del calcio, nel punto che riguarda la solidarietà con gli altri sport e, soprattutto con lo sport di base. Quella legge suddivideva il 10% dei diritti tv del calcio tra un 6% per la solidarietà tra le leghe professionistiche e un 4% da utilizzare per politiche di rafforzamento dell’attività sportiva giovanile e solidarietà con altri sport. In particolare venivano citati almeno due progetti sociali da finanziare ogni anno per sport diversi dal calcio.
Il nuovo emendamento fatto proprio dal governo riassegna quel 10% interamente al calcio: 1% alla Lega dilettanti, 2% alla Lega pro, 6% alla Serie B e 1% alla Federazione. Lo sport giovanile e l’impiantistica dovrebbero rimanere i destinatari finali, ma solo per ciò che rientra nelle attività di questi soggetti.
“Il mio giudizio è assolutamente negativo: si tratta di un clamoroso errore, soprattutto in assenza di altri provvedimenti che finanzino e incentivino lo sport di base. Mi auguro che nella Legge di stabilità, che stiamo per discutere, il Governo dia un segnale con altri provvedimenti urgenti e contestuali a questo. Il mondo dello sport di base in questi anni non ha avuto niente, pur rappresentando un settore vasto e importante. Ora è stato cancellato anche il poco che c’era”.
“La cosa più grave è che sparisce il principio fondamentale, condiviso a livello europeo, per cui una parte delle entrate del calcio business dovrebbero andare in solidarietà con lo sport di base – conclude Fossati – Già in Italia questo meccanismo non funzionava e al Coni arrivavano solo pochi spiccioli da spendere in progetti sociali, infatti avevamo già chiesto con proposte di legge e emendamenti che il flusso fosse maggiore e arrivasse effettivamente allo sport di base. Il Governo ha fatto proprio l’opposto, redistribuendo tutto alle Leghe importanti della Federazione calcio. La politica entra dentro la struttura della Federcalcio e fa delle scelte, andando a privilegiare alcuni a discapito di altri, in particolare privilegiando i più ricchi e sacrificando i diritti delle società sportive di base che sono in difficoltà e faticano a sopravvivere. Il messaggio che diamo è che quelli che fanno promozione dello sport non ricevono niente e sono esclusi dalla ricchezza che indirettamente aiutano a produrre. Senza il principio della solidarietà tra l’eccellenza sportiva e la base, il sistema sportivo non può funzionare”.