Croce e delizia. Sarà quella della 12ma Clericus Cup ancora una singolare Quaresima, vissuta dai preti calciatori tra le canoniche Via Crucis e le diagonali difensive negli allenamenti infrasettimanali, in vista dei weekend di gioco.
Come ormai tradizione torna vivace, il Mondiale di calcio della Chiesa, promosso dal Centro Sportivo Italiano, con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale del tempo libero, turismo e sport della Cei, del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano.
Si gioca sempre sui campi del Centro Sportivo Pio XI, a due passi dal Vaticano.
Preghiere e rigori, penitenza ed esultanza insieme per i seminaristi e sacerdoti di tutto il mondo, circa 400 tesserati, suddivisi sì in 16 formazioni ma appartenenti tutti alla grande squadra della Chiesa universale. Torna la Clericus Cup ed è Vittorio Bosio, il presidente del Centro Sportivo Italiano nel corso della presentazione presso la Segreteria per la Comunicazione in Roma, a sintetizzare lo spirito del torneo: «Il Csi è presente all’interno degli oratori dove, con la pratica sportiva, offre un servizio alle comunità e la possibilità di fare aggregazione e divertimento a tanti giovani. Da sempre è vicino alla Chiesa e con la Clericus Cup ha orientato uno sguardo missionario in ogni angolo dell’universo: vogliamo che anche fuori dal campo, chi partecipa a questo torneo possa in futuro regalare nei loro paesi, momenti di gioco e fratellanza, valorizzando l’aspetto sportivo, dando la possibilità a tutti, di partecipare, gioire e crescere».
Su ogni maglia delle 16 squadre della Clericus Cup, quest’anno in evidenza c’è una scritta che vuole promuovere l’inno del Centro Sportivo Italiano “Dove ogni maglia ha un’anima!”, cantato dai “Controtempo” per i giovani dell’associazione sportiva di ispirazione cristiana. A spiegarlo è stato il consulente ecclesiastico nazionale del Csi, don Alessio Albertini «lo sport dovrebbe aiutare tutti noi a rispettare la diversità dei talenti, a capire che sotto la maglia di un atleta si trova anzitutto una persona. Ecco il senso dell’inno Csi “Dove ogni maglia ha un’anima!”. Non sempre accade così. Oggi per tanti la cosa più importante nella vita (e nello sport) è vincere. Sull’altare della dea Vittoria si sacrifica tutto. Tante volte anche l’anima, la dignità, la bellezza dell’incontro. I numeri di maglia dei giocatori identificano un atleta in campo, ma sono insufficienti per identificare il valore di una persona. Una persona è infatti molto di più del numero che indossa. È una storia unica e irripetibile, che si mette in gioco attraverso un ruolo. Allora davvero ogni maglia si riempie di un’anima. Perché qualsiasi numero su di una maglietta è vuoto finché qualcuno non lo rende vivo interpretandolo con la propria unicità, fino a dare un’anima a quella maglia, senza il bisogno di assomigliare a qualcun altro”.
I campioni in carica del Pontificio Collegio Urbano scenderanno in campo domenica 25 febbraio, mentre spetterà alla Gregoriana, vicecampione 2017 l’open match del torneo contro il Collegio Messicano (sabato 24 ore 9, campo A). A dare il fischio d’inizio, per la prima volta nel torneo toccherà ad un arbitro “ordinato” prete. È un sacerdote della diocesi di Brescia, arbitro nel Csi Brescia. Don Jordan Coraglia, 43 anni: con una mano sfoglia il Vangelo, con l’altra estrae dal taschino i tre cartellini (giallo, azzurro e rosso nel Csi). Duplice veste, missione coincidente: educare ed evangelizzare attraverso lo sport. Anche con un semplice fischietto. “Certo che si può – ha detto in conferenza don Jordan alla vigilia del suo debutto sotto al Cupolone – Ma in campo cerco di avere molto dialogo. Ringrazio spesso i giocatori per le segnalazioni sbagliate. In paradiso comunque si va lo stesso anche se si sbaglia a dare un rigore. In campo applico il regolamento, ma è il Vangelo la mia regola di vita”
Nella sua dodicesima edizione, la Clericus Cup a 16 squadre avrà una formula con 4 gironi: due (A e B in campo di sabato) e due (C e D in campo di domenica) da 4 squadre, con le prime due classificate di ciascun girone che si qualificano per le fasi successive, ad eliminazione diretta. Sosta obbligata tra fine marzo e l’inizio di aprile per le celebrazioni pasquali. Dopo i quarti di finale (sabato 14 aprile) in maggio ecco le semifinali (il 12) prima dell’appuntamento clou con le due finali: sabato 26 maggio.
In questa Clericus Cup sono 370 i tesserati iscritti, inclusi i dirigenti delle squadre, con passaporto di ben 70 diverse nazionalità. L’Italia è al primo posto con 31 atleti in campo, tallonata dall’India con 30. Messico e Stati Uniti gli altri paesi con più rappresentanti, con 26 e 24 calciatori. La Nigeria ha 21 convocati sparsi nei vari seminari pontifici. Seguono Spagna, Colombia e Camerun tutte presenti con più di dieci connazionali nel torneo. Per gli amanti del calcio non sarà difficile riconoscerle in campo, dati i colori delle maglie da gioco, identiche a quelle delle loro Nazionali, Usa, Spagna, Messico e India (Collegio Damasceno). Tutti e cinque i continenti presenti nel tesseramento, con giocatori anche di Tonga, Panama, Siria, Ciad, Russia, Malawi, Timor Est e Sud Sudan.
Claudio Andò