Nel basket mondiale stiamo vivendo un periodo di piena crisi, sia economica che politica, con enormi tensioni in corso per la querelle FIBA/NBA – EUROLEGA. La maschera è cascata: “stat nuda veritas”.
Il meraviglioso mondo federale cestistico che vogliono farci vedere, a nostro parere, è nelle mani peggiori, tutti intenti nell’accumulare, o mantenere, potere e una gloria non nobile. Ma la misura degli appassionati è colma. Colma della vecchia classe dirigente che dovrebbe essere sapiente ma che invece il movimento inizia ad allontanare. Nei social, nelle testate on line, e perchè no, fra gli ex dirigenti federali di spicco, si moltiplicano le forme di protesta non violenta e sapienziale praticate da gruppi spontanei simultaneamente in varie città.
Sono di ieri le dichiarazioni del leader maximo federale, Gianni Petrucci, che in un’intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport fa il punto il giorno dopo la sconfitta della Nazionale in Polonia e in previsione delle due sfide decisive di febbraio per ottenere il pass alla massima competizione la “basket world cup 2019” (https://www.gazzetta.it/Basket/04-12-2018/basket-parla-presidente-petrucci-al-mondiale-belinelli-gallinari-310970498811.shtml). Quello che si legge tra le righe dell’articolo è che la maglia azzurra è ritenuta un piccolo dettaglio non l’impegno fondamentale per gli atleti: come è stato possibile arrivare a tanto? Se tanto ci dà tanto prepariamoci a sovrapposizioni totali, polemiche interne, mugugni, ultimatum per grandi e piccoli club. E così è lecito chiedersi: chi decide quando è obbligatorio andare a giocare in nazionale? La Federazione? Le società? I procuratori? A noi sembra che stiamo vivendo il momento più buio del basket dove si gioca un torneo parallelo, quello degli esclusi, delle riserve in attesa.
Così che per il Ct, scegliere i giocatori diventa assai più difficile che adottare uno schema di gioco. Magari per convocare gli atleti si ricorrerà al sorteggio, play, centro, ali e guardie come arbitri, e ovviamente gli assenti avranno ragione mancando la controprova. D’accordo, stiamo scherzando, ma davvero siamo così lontani dalla realtà? Presidente Petrucci, probabilmente si offenderà o riterrà irriverente questo giornale, ma ieri Lei ha buttato giù la maschera.
Bisogna riconoscergli che si è tolto la maschera con grande classe e con un’abilità politica superiore alla media, ma desideriamo ricordarLe che Lei qualche mese fa dichiarava “Faccio una premessa. Io sono il rappresentante del sistema basket per l’Italia e il Coni lo è per lo sport italiano presso il Ciò e la Fiba”(fonte https://www.basketnet.it/oggi-giornata-clou-fra-petrucci-e-i-club-di-a-prevalgano-i-meriti-sportivi/).
Veda presidente con il coup de théâtre di ieri ha ribaltato i suoi doveri, perché le sue dichiarazioni alla Gazzetta sarebbero state logiche se l’avessero rilasciate Proli e Pianigiani… Ovvero chiedere al Presidente Federale di concedergli gli atleti di interessa Nazionale (Brooks, Della Valle, Cinciarini,) per la gara di Eurolega di giorno 21 Febbraio… scriviamo questo perché la maglia Azzurra è sacra e merita la priorità assoluta. Perché anche questo capita, nel basket di oggi: che la mano destra ignori i movimenti della sinistra.
Purtroppo in questi sette anni la sua gestione è stata incentrata sul “Vivi e lascia vivere”. Ma questo lasciar andar le cose come gli altri desiderano ci sta portando a elemosinare, all’amico Armani, di concedere gli atleti. L’aver fatto impoverire il massimo campionato con scelte politiche federali non rilevatesi performanti, quali l’esclusiva su Sky della nazionale, ha fatto sì che il nostro campionato, senza l’imprenditore Giorgio Armani, fosse molto meno appetibile di quello polacco.
In questa fase bisogna comportarsi in modo da non scontentare nessuno, alternando torto e ragione tra le parti in disputa. Presidente magari da giovane, nel tempo libero, si dilettava a fare il “bottaio” e per questo le è rimasta quell’arte che per cerchiare una botte, il bottaio alterna martellate sul cerchio di ferro e sulle doghe di legno: ci sembra che continuando con queste martellate il prodotto Basket è diventato aceto.
Ma lasciamo perdere, almeno oggi, le polemiche e ripensando all’Ungheria – e al pass mondiale – il piano A, B e C, per Petrucci e Sacchetti, resta quello di mettersi d’accordo con Milano. Perché in Cina, adesso, tutti mangiano, di fame non si muore. Ed è vero, di fame si muore altrove, magari in paesi dove ci sono federazioni sportive che si ritengono illuminate.
Ciuff…e…Tino