Il divieto di pubblicità per le aziende di gioco pubblico ed in particolare delle scommesse è da tempo motivo di grandi dibattiti in Italia. Nel 2012 con il cosiddetto Decreto Balduzzi viene introdotto: “il divieto di messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive e radiofoniche nonché durante le rappresentazioni teatrali o cinematografiche non vietate ai minori. Sono anche proibiti i messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro su giornali, riviste, pubblicazioni, durante trasmissioni televisive e radiofoniche, rappresentazioni cinematografiche e teatrali, nonché via internet, che incitano al gioco ovvero ne esaltano la sua pratica, ovvero che hanno al loro interno dei minori, o che non avvertono del rischio di dipendenza dalla pratica del gioco. La pubblicità deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco“.
Con la Legge di Stabilità per il 2016 vengono approvate ulteriori disposizioni limitative della pubblicità. In particolare: “si vieta la pubblicità dei giochi con vincita in denaro nelle trasmissioni radiofoniche e televisive “generaliste” (in pratica i canali presenti dai numeri 1 a 9 del telecomando dalle ore 7 alle ore 22) e in quelle indirizzate prevalentemente ad un pubblico di minori; sono esclusi dal divieto i media specializzati individuati dal decreto ministeriale pubblicato nella gazzetta ufficiale dell’8 agosto 2016 (le tv a pagamento – Sky e Mediaset Premium – le radio, le tv locali ed i canali tematici sulle piattaforme a pagamento), le lotterie nazionali e le sponsorizzazioni nei settori della cultura, dell’istruzione e della ricerca, dello sport, della sanità e dell’assistenza“.
Nel 2018 con il cosiddetto Decreto Dignità viene introdotto un divieto assoluto per la pubblicità di giochi e scommesse, ivi incluse le sponsorizzazioni e le forme di pubblicità indiretta. In particolare l’art. 9 riguarda il divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, indipendentemente dal mezzo utilizzato (radio, tv, stampa, internet, social media), comprese le manifestazioni sportive, culturali o artistiche.
Il divieto aveva come obiettivo quello di limitare il fenomeno della ludopatia, obiettivo ampiamente fallito visto che non ha portato a nessun cambiamento come dimostrano i dati. Il divieto ha invece colpito non solo aziende e lavoratori del settore, ma anche il mondo dello sport. A farne le spese sono stati soprattutto gli sport minori e società dilettantistiche che, con piccole sponsorizzazioni (si parla della sola esposizione del logo senza alcun messaggio di incentivazione al gioco), riuscivano a salvare una intera stagione permettendo a tanti giovani di fare sport.
E’ su tema così scottante è arrivata la scure di Novak Djokovic, numero 1 del tennis mondiale e recordman per quanto riguarda gli slam vinti (ben 24, l’ultimo il recente Us Open). Il campione serbo, in un’intervista ai canali social della Professional Tennis Players Association, ha infatti dichiarato che: “Trovo illogico che noi giocatori non possiamo avere loghi delle aziende di scommesse sulle nostre maglie, oltre al fatto che non possiamo ricevere una giusta parte, e intendo almeno il 50%, dei proventi che i tornei raccolgono direttamente dal mondo delle scommesse”
Il numero 1 del tennis mondiale ha anche sottolineato che: “So che il 95% dei miei colleghi si farebbe sponsorizzare da un’azienda di scommesse e io approverei la cosa. I giocatori non conoscono bene la situazione economica legata al mondo dei dati e delle scommesse – ha concluso Djokovic – E, se lo sanno, non si stanno spendendo a sufficienza per ottenere ciò che spetta loro: danno troppo e ricevono troppo poco”.
AGIMEG