Calcio a modo mio: minuto 54’, scontro all’interno dell’area tra Manolas e Ramírez, Irrati fischia e indica il dischetto: rigore. L’arbitro di Firenze non vuole sentire ragioni, il contatto c’è stato, ne è convinto.
Poi si insinua il dubbio e il fischietto toscano ha l’illuminazione, fa una scelta non obbligata e anzi contrariaal protocollo: decide di consultare il Var, nonostante abbia già preso la decisione.
Il replay dice che Ramírez è già in volo prima del contatto, a voler essere buoni, se non si vuole parlare di simulazione, quantomeno di contatto troppo lieve per fischiare il penalty.
Irrati è andato oltre il protocollo, che da quest’anno vede un uso restrittivo del Var, che può intervenire soltanto in caso di “chiaro ed evidente errore”.
Ha senso avere un oggetto così potente tra le mani, avere una Ferrari e non poterla guidare oltre la seconda?
Una regressione, rispetto all’avvio della sperimentazione, che gli arbitri hanno subito. Non voluto.
“Gli arbitri italiani” spiega Marelli ai microfoni di Fanpage, “volevano mantenere il protocollo, addirittura Rizzoli e Collina volevano introdurre i challenge, la possibilità per gli allenatori di chiedere la review al VAR una o due volte a partita”.
La scelta di andare controcorrente rispetto il modello imposto, mal digerito dagli arbitri italiani, può dare il là ad un percorso rivoluzionario, che porterà ad un utilizzo logico di uno strumento che può condurre, come avviene già da tempo in altri sport, ad un uso logico e puntuale di quella che per 30 anni ha avuto il nome di “moviola in campo”.
Se gli arbitri, con umiltá seguiranno l’esempio di Irrati e si metteranno in dubbio, in cambio gli verranno imputati molti meno errori.
Era il 54’ minuto, lo stadio era l’Olimpico di Roma e un fischietto toscano ha fatto il primo passo, con un gesto rivoluzionario, per rendere migliore uno sport, che ha già un’infinita di problemi,
Si parla di calcio, la cosa più importante, fra le cose meno importanti.
Claudio Andò