E’ più facile costruire bambini forti che riparare uomini rotti – (Frederick Douglass).
Ormai lo sport italiano e una barca a vela priva della deriva. Possiamo sembrare ripetitivi ma dalle dimissioni del generale Enrico Cataldi lo sport è alla deriva totale, anche se le discipline del nuoto stanno regalando agli europei medaglie e onori al Paese.
Sì, proprio il nuoto di cui è presidente Barelli e le cui cronache hanno raccontato tante diatribe con il numero uno del Conì, Malagò. Permettetemi di tornare alle parole del generale Cataldi, “non si può lottare con la lobby delle federazioni”, quindi secondo Cataldi è normale che una federazione ricorra contro una decisone del proprio tribunale o della propria corte federale d’appello?
Oppure, perché la mancata qualificazione della pallacanestro alle Olimpiadi di Rio, sconfitta sportiva che è costata due milioni e cinquecentomila euro agli italiani, non ha trovato nessun responsabile politico da parte della massima istituzione politica dello sport come accaduto nel calcio?
A meno che dobbiamo dare ragione a coloro che assicurano che da quella debacle sportiva del basket italico si sia fatto il primo passo per la pax tra Malagò e Petrucci.
Cattivi pensieri o cinismo per mantenere la poltrona? E’ doveroso fare una riflessioni proprio perché sono i giorni in cui il Coni sta cercando con grande solerzia di dare ai suoi bilanci un aspetto meno svagato del solito o almeno di quanto solitamente è accreditato.
Tra beghe del pallone, olimpiadi da conquistare e un canestro da risanare. Lo scopo non è assolutamente nascosto. Le parole di Cataldi hanno sancito l’inizio di una guerra tra federazioni che a suo dire è impossibile azzerare soltanto con forze proprie.
Il risucchio degli interessi passivi – vedi la giustizia sportiva – non è più arrestabile. Chi ha a cuore lo sport insomma chiede con fervore e urgenza l’intervento del governo e di conseguenza cerca adesso di dare credibilità ufficiale al proprio modo di gestire se stesso.
Storicamente lo Stato ha sempre fatto così poco per lo sport che potrebbe non essere scandaloso se stavolta si facesse convincere. Resta però un problema di principio, quasi di filosofia di interventi, a non quadrare: chi controlla chi…?
Sembra ormai una deriva generalizzata che pare non avere un freno con gruppi di potere che si muovono ognuno per loro tornaconto senza che vi sia una mission da seguire: litigi che logorano ancor più la figura del presidente Malagò.
Non a caso la sua presidenza è sotto attacco della politica con interrogazioni parlamentari dalla quali pare emerga che il numero uno dello sport si sarebbe macchiato di gravissimi episodi per essere promosso a tre esami universitari senza però sostenerli.
Solo veleni o c’è del vero? Sembrerebbe che un dossier – arrivato nelle redazioni di alcuni giornali – abbia svelato come il presidente del Coni avrebbe corrotto bidelli e personale universitario per passare, senza mai sostenere, gli esami di Economia e politica (30 e lode), Istituzioni di diritto privato (30) e Diritto commerciale (sempre 30).
Possibile? Veritiero? Ignobile? Calunnioso? Falso?
Quella di Malagò sarebbe quindi una laurea irregolare, si legge in un articolo apparso su “L’Onesto” il 30 dicembre 2014. Mah. Poi arriva il corsivo apparso su la Gazzetta dello Sport a opera del vice direttore, che finalmente mette in dubbio la serietà del calcio e della sua giustizia a proposito del caso Chievo: un processo che fa fatica a partire nonostante la gravità dell’ipotesi d’accusa.
Forse l’intervento deciso del governo gialloverde con il ministro Giorgetti già investito della problematica potrebbe risolvere il tutto, commissariando lo sport partendo da Coni per finire a tutte le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva e le discipline associate.
E allora, in conclusione, come possiamo definire lo stato di salute dello sport italiano? Malagò tace, Petrucci è distratto, i media fanno melina.
Ora i casi sono due: se è vero, è grave. Se non è vero resta un’ottima battuta detta con troppa delusione dopo aver assistito a questo teatrino che umilia il Paese e gli appassionati. Del resto: è più facile costruire bambini forti che riparare uomini rotti
Ciuff… e… Tino