C’è chi passa e chiude, chi passa e chiede, chi è di passaggio e dice che qualcosa abbiamo pur imparato che vale esattamente come: qualcosa abbiamo pur preso. Le rette alle famiglie. Che ipocrisia. Per chiarire il concetto mi avvalgo del Treccani: Ipocrita… chi parla o agisce con ipocrisia, fingendo virtù, buone qualità, buoni sentimenti che non ha, ostentando falsa devozione o amicizia, o dissimulando le proprie qualità negative, i propri sentimenti di avversione e di malanimo, sia abitualmente per carattere, sia in particolari circostanze, e sempre al fine di ingannare altri, o di guadagnarsene il favore.
Cari Vip del basket social torniamo ai fondamentali sportivi e di buona educazione. Magari con un pizzico maggiore di lealtà, che non guasta, come lo zucchero nella bevanda. A me va benissimo che ognuno venda la frutta che tiene sul banco, spacciando per talenti normalissimi ragazzi, o colorando d’impresa certe prestazioni che di eroico hanno poco o nulla: la ruota gira, come le annate.
Tutta questa scrittura che banalizza lo sport, la crescita, la partita a me annoia. Però bisogna sempre guardare oltre: dire quello che si è, in modo che dall’altra parte sappiano che forse anche tu hai le tue chiusure, le tue intolleranze, magari le tue incapacità professionali. Giustissimo, mi sono detto.
Però l’attenta lettura dei blog, dei post dei Vip del basket messinese può provocare crisi di identità. La sensibilità nell’approccio, nel settore giovanile, conta ancora qualcosa? Risposta: credo di sì. Tutti sanno autocelebrarsi ma non tutti sanno vedere oltre i propri limiti (umani, etici, caratteriali, linguistici). E non tutti, aggiungerei, sanno essere esempio per i ragazzi.
Peccato, però. Se non fossero tutti impegnati a scrivere post, a quanto sono belli, bravi, straordinari (mai umili!) avrebbero già dovuto pensarci. E’ strano, ma nella provincia di Messina ci sono ancora individui (da rieducare, certo) disposti a leggere un libro, o più d’uno. Tutte queste utopie sul gioco, crescita, formazione dei ragazzi – unite a una condivisione ipocrita e di maniera del gruppo- da noi si sono trasformate in autocelebrazione: l’autoscatto degenerato in selfie. La convinzione di essere speciali che alla fine della crescita sportiva altro non è che l’appiattimento verso il basso. La mia faccia è come il posteriore di un elefante, diceva con ironia l’attore Charles Laughton: mai affermazione fu così puntuale. Mai confondere la faccia con il deretano.