Poco importa se la Roma si è assicurata con un turno d’anticipo il passaggio agli ottavi di Champions e se il quarto posto dista solo tre lunghezze: per Di Francesco la fiducia, incondizionata fino a poco tempo fa, è diventata a tempo, qualcosa da meritare sul campo, senza ennesimi passi falsi.
La colpa più grande che viene imputata al tecnico pescarese è quella dei numerosi punti persi per strada con le cosiddette piccole: Chievo, Atalanta, Bologna, Spal, Udinese e infine la prova tragicomica contro il Cagliari.
Proprio quest’ultima prova è stata la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, sia per la società che per la tifoseria, in rotta con il tecnico da diversi mesi.
I nomi che si mormorano sono i più diversi, dall’evergreen Conte a Blanc passando per Paulo Sosa e l’ex Montella.
Numeri alla mano, Conte e Blanc che hanno percepito sempre stipendi monstre, sembrano sogni irrealizzabili per una società come la Roma, che ogni estate vende i pezzi migliori per rientrare nel bilancio, più abbordabili gli ex viola Paulo Sosa e Montella che sono mossi dalla voglia di riscatto, dopo un ultimo periodo non brillantissimo.
Voci interne alla società raccontano di un Pallotta furibondo dopo la prestazione a due facce in terra sarda: il modo in cui è stata buttata al vento la gara ed i tre punti sarebbe il motivo del veloce declino fiduciario tra presidente e tecnico.
Va però fatto un ragionamento, la Roma ha perso pesanti punti con le piccoli, e questo è assodato. Quei punti permetterebbero alla squadra giallorossa di essere in una posizione europea tranquilla, e anzi, di essere a ridosso del Napoli, definita anti-juve: in quei punti però, quanto è demerito di gare impostate e gestite male da Di Francesco e quanto ha influito una rosa con ricambi non all’altezza?
Si è ben visto che Manolas è insostituibile, senza di lui la difesa non regge, complice un Fazio che nelle scorse stagioni si era dimostrato uno dei migliori centrali in Italia e quest’anno si sta dimostrando troppe volte insicuro. Marcano non si sta dimostrando all’altezza del compito a lui affissato, Juan Jesus è vittima dei limiti che hanno frenato la sua carriera dai tempi dell’Inter.
Le assenze di Strootman e De Rossi pesano come macigni.
Pastore doveva essere un crack, invece finora, tolta qualche sporadica apparizione, la sua casa è stata l’infermeria, Cristante e N’Zonzi alternano buone prestazioni a gare in cui non riescono a tenere il ritmo della partita. Infine Dzeko, vero mattatore in Europa, in campionato è fermo appena ad una rete e Schick spesso appare inadeguato nel sostituirlo.
Negli anni la Roma ha perso veri fuoriclasse come Alisson, Salah, Naingollan, Pjanic, che sono stati venduti a dirette rivali o top società europea, senza avviare un ricambio all’altezza dei predecessori.
I punti persi erano evitabili con una migliore lucidità nella gestione della gara, questo è indubbio, ma sul banco degli imputati oltre il tecnico, c’è spazio anche per chi ha reinvestito i soldi delle cessioni in maniera sanguinosa: comprare giovani nella speranza che ne esploda uno per poi rivenderlo e ottenere plusvalenze è un modello non cucibile su una società importante come la Roma.
Claudio Andò