Sai bene che non credo, tantomeno dell’aldilà. E che quindi so che non avrai modo di leggere queste righe. Quando si parla di un amico che non c’è più possiamo solo aggrapparci ai ricordi che ci uniscono. Agli abbracci che ci venivano spontanei ogni volta ci ritrovavamo.
Come fosse oggi ti rivedo sdraiato sul divano di casa Mancini, a Nervi, mentre ti scompisciavi dalle risate. Eravamo tutti un po’ bevuti e Giampiero “Bisteccone” Galeazzi teneva sollevato in aria Roberto urlando: “Io ho fatto sventolare il tricolore alle Olimpiadi. Che cazzo hai fatto tu?”.
E ricordo quell’intervista per la tivù che ti feci. Ci prese la ridarella, non so più quale fosse il motivo. Il povero operatore ci dava il via e noi scoppiavamo a ridere, incapaci di fermarci. Così per almeno una decina di volte.
Mi torna in mente una cena nel ristorante di Nervi che faceva i migliori pansotti del mondo. Tu, Roberto e io a parlare non certo di calcio, ma di donne. O meglio, di ragazze. Perché voi eravate ancora giovani. E le vostre fughe notturne, erano vietate da contratto, a Milano. “Scappano perché qui in Liguria se le sono fatte tutte ormai” ci rideva su Paolo Mantovani.
Il vostro presidente per voi è stato un secondo padre. E vi amava come figli. Un giorno a casa sua, Mantovani mi invitò a pranzo. Voi arrivaste dopo. Gianluca con una video cassetta. “Presidente, è un regalo per lei, ci sono tutti i gol che ho segnato nella Samp – poi, per mettere in difficoltà l’amico – E tu Roby non hai portato niente?”. Mancini arrossì. “Meglio così – disse Mantovani -. Perché se avessi una cassetta con i gol di Mancini non uscirei più di casa”.
Oggi sui giornali scriveranno che Gianluca Vialli era davvero una brava persona, amata da tutti. Si dice sempre quando uno muore. Ma oggi è facile e giusto scriverlo perché lui era proprio così.
Riposa in pace.
Nicola Forcignanò