“Va considerato un bene non partecipare a quella che passerà alla storia la Coppa del Mondo della corruzione, del terrorismo e delle violazioni dei diritti umani”. Lo scrive su Lanuovabussola.it la giornalista ed ex parlamentare del Pdl Souad Sbai. Le partite di calcio che si disputeranno nel piccolo emirato del Qatar non devono far dimenticare le polemiche scatenate dalle dichiarazioni del presidente della FIFA, Gianni Infantino, alla vigilia dei Mondiali.
“L’ipocrisia mostrata da Infantino è davvero senza frontiere. “Oggi mi sento arabo, gay e migrante”, ha affermato nel tentativo di salvarsi la faccia (non certo l’anima) con un “coming out” degno della più demagogica retorica “progressista”, davanti alle telecamere schierate nella sala stampa del Virtual Stadium 1 di Doha. Di quanti morti, feriti e violazioni di diritti umani quello stadio sia stato testimone Infantino non lo ha detto, ma ha pensato che fingersi solidale verso i “migranti” potesse bastare a far dimenticare che il primo responsabile di quanto accaduto a migliaia di lavoratori stranieri, asiatici in particolar modo, impiegati come schiavi nella costruzione delle infrastrutture necessarie ad ospitare la massima competizione calcistica, sia proprio lui”. (Souad Sbai, Mondiali in Qatar, l’ipocrisia senza frontiere di Infantino, 21.11.22)
Sul discorso del presidente della Fifa è intervenuto anche il professore Eugenio Capozzi sul suo profilo facebook “è nello stesso tempo un rovinoso harakiri, del politically correct applicato allo sport di cui la FIFA ha cercato, con risultati imbarazzanti, di ergersi a paladina”. Per il professore Infantino “Si arrampica sugli specchi per difendere l’idolatria delle “minoranze” (multiculturalismo, agenda Lgbt) dalle sue contraddizioni insanabili, tenendo insieme fondamentalisti islamici, migranti e gay. E soprattutto si sforza di difendere la sua organizzazione dalle critiche alla scelta di aver venduto i mondiali a un regime di tiranni miliardari fondamentalisti retto dal lavoro semi-schiavistico di un numero di immigrati dieci volte superiore alla popolazione locale, sostenendo che quel regime è stato un grande benefattore”.
Il professore Capozzi che è autore di un interessantissimo pamphlet intitolato proprio, “Politicamente corretto. Storia di un’ideologia”, Marsilio (2018), scrive che il presidente della Fifa per rendere credibili le sue palesi assurdità ricorre all’arma retorica decisiva del politicalcorrettismo: l‘odio dell’Occidente per se stesso. Il regime del Qatar sfrutta, fa morire sui cantieri senza protezioni, segrega masse di lavoratori immigrati senza diritti, esclude le donne dalla vita civile, perseguita gli omosessuali? Beh, noi occidentali non possiamo criticarlo perché “dovremmo vergognarci di quello che abbiamo fatto negli ultimi 3000 anni”. Insomma, come al solito è sempre colpa nostra” – scrive ironicamente il professore – “Il regime del Qatar ingaggia immigrati per mascherarli da tifosi delle varie squadre nazionali e coprire così l’assenza di pubblico negli stadi? Beh, chi critica questo comportamento è razzista, perché presume che tutti i tifosi inglesi e francesi dovrebbero essere bianchi”. In pratica il superpresidente del pallone che va a caccia di consensi nelle classi dirigenti “terzomondiste” andrebbe studiato, come sintesi perfetta dell’ideologia oggi dominante tra le élites occidentali, e di come si accartoccia ridicolmente su se stessa”.
I campionati mondiali di calcio in Qatar vennero assegnati nel 2014 a un paese spopolato (meno di 300.000 abitanti con cittadinanza, a fronte di 1 milione e mezzo di lavoratori immigrati), privo di qualsiasi tradizione e rilevanza calcistica, retto da una monarchia dispotica fondamentalista islamica, per una manovra congiunta delle federazioni europee, sudamericane e africane (a cui non fu certo indifferente la potenza economica dei petrodollari qatarioti), desiderose di sostenere la tesi di una “democratizzazione” dello sport in atto nel mondo.
E’ un risultato grottesco che stiamo vedendo oggi di quella scellerata scelta. “Un torneo spostato in inverno, stravolgendo i campionati nazionali più importanti e seguiti, con una platea di partecipanti allargata a dismisura in cui figurano molte squadre che in Europa potrebbero giocare solo nelle serie minori, a danno di molte forti nazionali europee e sudamericane escluse per carenza di posti. Un torneo il cui paese organizzatore per supplire alla carenza di pubblico è costretto a organizzare una ridicola mascherata, precettando masse di lavoratori indiani o pakistani (rigorosamente maschi!) come finti tifosi, equipaggiati con magliette e bandiere delle squadre in lizza”. Un torneo in cui il pubblico occidentale (molto scarso, comunque) non potrà nemmeno bere una birra sugli spalti, e rischierà costantemente la denuncia per qualsiasi comportamento “immorale” per conformarsi alle leggi rigidissime di un regime che calpesta impunemente tutti i diritti umani sempre proclamati a gran voce dalla “comunità internazionale”.
“Ma naturalmente il richiamo ai “diritti umani” per un paese islamico, come si sa, passa in secondo piano, e il regime qatariota, a differenza di altri che secondo l’ortodossia politico-mediatica occidentale vanno demonizzati senza se e senza ma, è stato e sarà risparmiato quasi del tutto dalle critiche, perché l’imperativo di quella vulgata oggi è “vendere”, nonostante tutto, l’immagine – falsa – di uno sport mondiale che affratella tutti i popoli e le culture, secondo il mantra ossessivo del “respect” antirazzista.”.
E a proposito di diritti umani, Souad Sbai insiste sull’intervista al presidente Fifa, “nella sua smielata intervista, non è certo un caso che abbia ignorato la rivolta in corso da settimane in Iran, stato canaglia vicino e sodale del Qatar, scatenata dall’uccisione della 22enne Mahsa Amini, che il velo non lo portava “correttamente”. Da quel dì, di giovani donne uccise dal regime degli ayatollah e dei pasdaran ce ne sono state altre, gli arresti di manifestanti e le detenzioni arbitrarie si contano a migliaia, la macchina delle condanne a morte lavora incessantemente. Per Infantino, meglio dunque guardare dall’altra parte, poiché escludere la nazionale iraniana dai Mondiali, come invocato a più riprese e sarebbe stato giusto, avrebbe fatto storcere il naso agli emiri del clan Al Thani”.Pertanto meglio così, i nostri calciatori non hanno partecipato a questa pagliacciata carnevalesca.
a cura di Domenico Bonvegna