Bicicletta, nuoto, ballo da sala, tiro con l’arco, golf: per chi ha subìto un intervento al ginocchio attività sportive come queste non sono solo possibili, ma consigliate. Passeggiate, esercizi aerobici, nuoto, bowling, bicicletta sono invece quelle suggerite per chi è stato sottoposto adintervento protesico alla spalla.
Tornare a fare sport dopo un’operazione importante grazie alle moderne tecniche di chirurgia è ormai una realtà assodata e alla portata di tutti. Tuttavia, bisogna fare attenzione alle problematiche relative all’usura degli inserti in polietilene e alla mobilizzazione dei materiali che compongono la protesi, che potrebbero subire traumi e microtraumi da “contatto” a seguito di un’attività fisica cosiddetta “ad alto impatto”. Per prevenire danni basta farsi seguire da un buon fisioterapista e preparatore atletico.
“Esistono due tipologie di protesi di spalla: protesi totale (anche detta artroprotesi) e protesi parziale (endoprotesi)” spiega Marco Maiotti, primario dell’U.O.C. di Medicina e Traumatologia dello Sport presso l’Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma, specialista in Ortopedia e Medicina dello Sport. “L’attività fisica, come conferma uno studio ASES (American Shoulder and Elbows Surgeons) è consigliata in quasi tutti i casi: in particolare, il 100% dei chirurghi consiglia sport a basso impatto (bicicletta; passeggiate; esercizi aerobici), l’81% a medio impatto (nuoto, bowling) e il 51% dei chirurghi sconsiglia attività ad alto impatto”. L’indagine è stata effettuata intervistando 310 chirurghi esperti relativamente alle attività consentite dopo l’impianto di una protesi di spalla e prendendo in esame 105 pazienti con protesi totale (età media 72 anni): 62 hanno praticato sport nei 5 anni precedenti l’intervento, 48 avevano smesso per problemi alla spalla, 60 dei 62 pazienti hanno ripreso a fare sport dopo l’intervento.
Considerando che gli interventi di artroprotesi della spalla, sia totale sia parziale, sono cresciuti nel 2015 (7.187 rispetto ai 6.588 del 2014, con un aumento del 9% che interessa anche le classi di età meno anziane) e che il problema interessa soprattutto le donne (71,7% dei ricoveri), soggette più degli uomini a osteoporosi e aumento del peso a seguito di menopausa, è evidente quanto sia fondamentale promuovere l’attività fisica in soggetti con protesi di questo tipo (Dati RIAP – Progetto Italiano Artroprotesi 2017).
I vantaggi della pratica sportiva costante per la prevenzione di malattie metaboliche, cardiovascolari e per mantenere una qualità della vita elevata, sono oggi universalmente riconosciuti anche nei pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia protesica al ginocchio, procedura chirurgica d’elezione, con ospedalizzazione tradizionale, al momento più eseguita negli Stati Uniti. In Italia, si effettuano ogni anno circa 45.000 interventi di questo tipo, con un tasso di crescita medio per anno che si aggira intorno al 7%.
“Esistono differenti tipologie di protesi di ginocchio: monocompartimentali, bicompartimentali e totali”, spiega Carlo Massoni, chirurgo ortopedico U.O.C. Medicina e traumatologia dello sport, Azienda Ospedaliera San GiovanniAddoloratadi Roma. “Le prime e le seconde sono quelle che offrono le maggiori possibilità di ritorno all’attività sportiva e, ovviamente, rappresentano la scelta d’elezione nei pazienti normopeso con artrosi limitata a un solo o due compartimenti, assenza di importanti deviazioni assiali e lassità legamentose del ginocchio”.
I vantaggi connessi alla mini-invasività dell’intervento e alla conservazione delle strutture legamentose e sensoriali del ginocchio permettono la ripresa dell’attività sportiva dopo sei mesi dall’intervento. “Questa attività, se il paziente rispetta delle indicazioni e dei limiti precisi, non sembra ridurre la percentuale di sopravvivenza dell’impianto che, a dieci anni è stimata intorno al 90%”.
“Tra le attività sportive raccomandate, sia nei pazienti con protesi monocompartimentale che totale, ci sono la bicicletta, il nuoto, il ballo da sala, il tiro sportivoe il golf. Tra quelle raccomandate ai soggetti esperti in queste discipline, le attività aerobiche a basso impatto, il ciclismo, il bowling, il canottaggio, il trekking, l’equitazione, lo sci di fondo e la scherma”, continua Massoni.
Ma quali sono i principali rischi derivanti dalla pratica sportiva e quali attività devono essere limitate o evitate? Sicuramente le problematiche principali sono costituite dall’usura degli inserti in polietilene e dalla mobilizzazione delle componenti protesiche in relazione agli eventi microtraumatici o traumatici che si possono verificare durante l’attività sportiva ad alto impatto o gli sport di “contatto”.
Per l’ortopedico è quindi fondamentale conoscere non solo il quadro clinico del paziente, ma anche le sue reali aspettative, “così da poter adottare – conclude Maiotti – la più idonea tipologia protesica e prospettare, a quanti non desiderano rinunciare alla pratica sportiva, degli obiettivi ragionevoli che non siano in grado di compromettere il successo della stessa procedura chirurgica”.