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Ammiro la pallavolo perché è lo sport che fa più squadra degli altri, andrebbe valorizzato di più: con queste poche ma impattanti parole l’ex presidente del CONI Gianni Petrucci definisce una disciplina che, a oggi, secondo la Northern California Volleyball Association conta circa 800 milioni di praticanti in giro per il mondo. Si tratta di un numero sbalorditivo, frutto di un percorso di crescita ed evoluzione dello stesso sport che parte da lontano, anzi molto lontano.
Entrando più nel dettaglio, secondo una serie di ricerche condotte sulle principali testate internazionali del settore da Espresso Communication per conto del Consorzio Vero Volley, la storia della pallavolo inizia il 9 febbraio del 1895, giorno in cui a Holyoke, città dello stato del Massachusetts, l’insegnante di educazione fisica William G. Morgan crea un nuovo gioco denominato “mintonette” che, come specificato da World of Volley, era una combinazione di badminton e basket e veniva considerato un passatempo da praticare preferibilmente al chiuso. Un anno più tardi fu Alfred Halstead, docente dell’odierno Springfield College, allora denominato YMCA Training School, a cambiare il nome della disciplina in “volley ball”, ovvero due parole separate per far capire che il gioco era basato sull’atto di colpire (to volley) la palla (ball) prima che cadesse a terra. Ma non è tutto perché sempre nel 1896, sempre presso il medesimo College, ci fu anche la prima partita di pallavolo della storia sotto forma di esibizione.
Le regole più bizzarre dell’epoca? Nessun limite in termini di tocchi palla su ciascun lato del campo, oggi sono 3, e, soprattutto, era consentito un secondo servizio in caso di errore al primo tentativo. Dopo questo primo vero assaggio di storia si passa direttamente al Novecento e, nello specifico, al 1916: durante una partita nelle Filippine furono coniati i termini “set” e “spike”. Mentre 4 anni più tardi venne stabilito che ogni squadra poteva toccare la palla al massimo 3 volte per azione. Questo “change” fu determinante per conferire ancora più slancio e spettacolarità si singoli match. Restando sulla stessa lunghezza d’onda, furono determinanti anche le truppe americane che, negli anni della prima guerra mondiale, portarono il gioco in Europa per distrarsi e divertirsi nei pochi momenti di svago e condivisero la passione proprio con i cittadini del Vecchio Continente. L’influenza statunitense fu, quindi, determinante per la fondazione della Federation International de Volleyball e la successiva ufficializzazione del volley ball in quanto sport. I due termini divennero poi uno solo e così nacque la dicitura “volleyball” nel 1952.
Altre date fondamentali da ricordare per quanto riguarda la storia della pallavolo? Sicuramente il 1964, ovvero l’annata in cui la pallavolo fu giocata per la prima volta alle Olimpiadi, e il 1998, perché furono introdotti i palloni colorati al fine di aiutare gli spettatori a seguire meglio le partite alla TV, e persino il ruolo di libero, ovvero il giocatore specializzato nel fondamentale della ricezione. Tornando all’attualità, un commento proprio sullo scenario analizzato e sull’evoluzione del volleyball da disciplina sportiva a business unit e fenomeno globale viene fornito da una figura rappresentativa del settore, ovvero Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley, realtà di riferimento per l’asset sia a livello nazionale sia internazionale: “Amore e condivisione, inclusione e senso di responsabilità, ci sono diverse parole per definire una disciplina sportiva come la pallavolo, la quale si è evoluta nel corso della sua storia, abbracciando persino fattori chiave della contemporaneità come l’innovazione e la sostenibilità.
Pensare al fatto che tra pochi giorni lo sport di cui siamo innamorati spegnerà 130 candeline mi emoziona parecchio. Anche se giovani, come Vero Volley, ci sentiamo parte integrante di questa storia, avendo davanti un futuro ricco di possibili importanti traguardi, sportivi e ancora di più sociali. Per noi tutto è partito nel 2008 e, quasi 17 anni dopo, possiamo contare su oltre 1000 tesserati diretti, più di 60 società affiliate in tutta Italia e scendiamo in campo quotidianamente a supporto delle realtà del territorio con progetti mirati ed efficaci.
Un augurio in vista dei prossimi anni? Certamente che la pallavolo diventi un esempio, sia come sport, sia come industria economica con capacità manageriale nei suoi addetti ai lavori, ma soprattutto che l’attività sportiva giovanile venga sempre di più considerata rilevante come strumento di impatto sociale: prevenzione sanitaria, educazione agli stili di vita, supporto contro le dipendenze e i comportamenti a rischio, solo per citare alcuni esempi. Il valore educativo dello sport, a łivello media, istituzionale e aziendale deve essere percepito sempre di più come centrale strumento di creazione delle fondamentali abilità di vita tra i giovani e i giovanissimi”. Fanno seguito alle parole di Alessandra Marzari ulteriori considerazioni in merito alla cosiddetta “volleyball industry” che registrerà un boom di fatturato entro il 2030, superando quota 500 milioni di ricavi e raddoppiando quasi le proprie entrate rispetto a tre anni fa.
Altre curiosità legate all’universo “volley addicted”? In primis che si tratta di uno sport in cui risulta essenziale avere i riflessi pronti. Infatti, secondo quanto precisato da Wonder of Volleyball, i giocatori professionisti devono reagire alla palla in meno di 0,30 secondi dopo che è stata servita o colpita dall’avversario. E ancora, al di là dell’iconico muro, c’è un termine che definisce nel migliore dei modi il cosiddetto “monster block” a una mano, ovvero “kong”. L’origine di questa parola? Il celebre gorilla King Kong che, nella parte finale del film, colpiva gli aerei “nemici” con una mano mentre cercava di salire in cima all’Empire State Building. E kong è in ottima compagnia grazie a “pancake”, termine con il quale si intende una difesa effettuata tuffandosi e cercando di prendere il pallone con il dorso di una sola mano, e “toast”, utile a identificare un giocatore quando viene colpito da una schiacciata così potente e indifendibile che risulta quasi “bruciato” come una fetta di pane tostato.
La “volley mania” colpisce persino il mondo dei social: solo su Instagram e Facebook, infatti, l’hashtag #volleyball conta oltre 13 milioni di post pubblicati, mentre su Youtube ci sono più di un milione di video con la stessa mention. Dai social si passa all’universo del cinema dove la pallavolo risulta contesto di numerose opere del grande schermo come “All You’ve Got – Unite per la vittoria”, in cui un gruppo di ragazze mette da parte gelosie personali, convenzioni e differenze sociali e culturali per un unico grande scopo, vale a dire vincere. Restando sulla stessa lunghezza d’onda, risulta un valido esempio anche “Una stagione da ricordare”, tratto tra l’altro da una storia vera che vede una squadra di liceali della West High Scholl dell’Iowa perdere la propria leader, Caroline “Line” Found, per via di un incidente stradale e, al fine di onorarla al meglio, trovano la forza per aggiudicarsi la vittoria del campionato statale. Film, ma anche fumetti come “Haikyu l’asso del volley”, ovvero il manga sportivo scritto e disegnato da Haruichi Furudate, serie tv del calibro di “Mila & Shiro: due cuori nella pallavolo” e persino arte, anzi street art grazie a innumerevoli professionisti del calibro di Alice Pasquini che ha realizzato a Roma un’opera in collaborazione con la Federazione Italiana proprio per omaggiare la disciplina sportiva a suon di colori.