Rilevata in almeno 92 paesi al mondo, la pratica delle mutilazioni genitali femminili riguarda tutti i continenti, sebbene sia maggiormente diffusa in Africa centrale e in alcune aree del Medio Oriente e dell’Asia. Tuttavia, i dati ufficiali in realtà permettono di delineare solo parzialmente le dimensioni del fenomeno.
Per quanto riguarda l’Italia le stime più recenti si riferiscono al 2019 e sono state raccolte dall’Università Milano Bicocca: sarebbero 87.600, di cui 7.600 minorenni, le donne portatrici di mutilazioni genitali femminili presenti nel nostro Paese; le bambine a rischio sarebbero invece circa 5 mila. E sono soprattutto le donne nigeriane, etiopi ed egiziane a essere le più inclini al proseguimento di questa pratica.
Oltre alla legge sulle mutilazioni genitali femminili (l. 7/2006) e a quella contro i matrimoni precoci e forzati (l. 69/2019) l’Italia si è dotata anche di due piani programmatici contro le mutilazioni genitali femminili (2007 e 2011). Tuttavia, il sistema di prevenzione e contrasto risulta essere poco tracciabile, evidenziando anche un problema di trasparenza e accountability. Il Numero Verde 800 300 558 contro le mutilazioni genitali femminili, gestito dal Ministero dell’Interno, nel biennio 2020-2021 ha ricevuto 13 chiamate – di cui solo 4 inoltrate alle squadre mobili competenti – ma per questo servizio, secondo quanto previsto dalle leggi di bilancio dei due anni considerati, sono stati allocati circa 680 mila euro. Tra il 2019 e il 2022, al Dipartimento per le Pari Opportunità sono stati invece destinati 1 milione e 200 mila euro. Di questi, 800 mila dovrebbero a breve essere utilizzati per finanziare un avviso pubblico per progetti di informazione e sensibilizzazione. Le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati sono ricompresi anche nel piano antiviolenza 2021-2023, che si impegna a realizzare interventi ad hoc con fondi dedicati.
“Il Piano antiviolenza 2021-2023 deve essere l’opportunità di segnare finalmente un cambio di passo in termini di prevenzione, protezione e contrasto alla violenza di genere. Perché quindi non far convergere il Numero Verde contro le mutilazioni genitali femminili nel 1522, formando il personale, allargando la rete dei centri e dei servizi disponibili e destinando i 340 mila euro annui in capo al Ministero dell’Interno a queste attività? Trattare queste pratiche lesive come problemi a sé stanti rischia di aumentare le probabilità di stigmatizzare le comunità praticanti e di chiudere quindi ogni possibilità di dialogo. Occorre invece una strategia coraggiosa, sperimentale e continuativa nel tempo che permetta di raccogliere puntualmente informazioni, condividere saperi, adattare pratiche consolidate e disegnarne di nuove” afferma Katia Scannavini, Vice Segretaria Generale ActionAid Italia.
Alla vigilia del 6 febbraio, Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, ActionAid nel corso della conferenza JOIN OUR CHAIN! tenutasi alla presenza della Ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti ha lanciato un nuovo modello operativo di intervento che coinvolge attori con competenze distinte appartenenti ad ambiti professionali differenti – dalla scuola ai servizi sociosanitari, dalle forze dell’ordine alle comunità migranti e alle Community Trainer quali figure chiave per il lavoro di prevenzione e contrasto alle mutilazioni genitali femminili e ai matrimoni precoci e forzati. Un modello sviluppato per la città di Milano ma che può essere adattato e adottato anche in altri territori del Paese e che si compone di tre fasi: EMERSIONE, attraverso cui si si raccolgono segnali di rischio o si viene a conoscenza di un caso; INVIO, che consiste nella segnalazione di un caso a uno o più attori sul territorio per facilitare l’accesso a servizi di assistenza di base e specialistici; ASSISTENZA E PROTEZIONE, volte a proteggere e supportare la bambina, ragazza o donna nell’uscita dalla situazione di rischio.
Le mutilazioni genitali femminili sono spesso ritenute un rito di passaggio derivanti da ragioni culturali e sociali di vario tipo, un momento essenziale per l’accettazione della bambina da parte della comunità. Infine, sebbene molte volte siano considerate separatamente, le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati sono in molti casi pratiche lesive interconnesse. In molte comunità, infatti, le mutilazioni genitali femminili sono considerate una procedura preparatoria indispensabile per accedere al matrimonio. Entrambe le pratiche sono quindi il risultato di forti disuguaglianze di genere derivanti da mentalità patriarcali e il prodotto del mancato rispetto dei più elementari diritti umani di bambine, ragazze e donne.
Il progetto. CHAIN ha l’obiettivo di rafforzare in cinque paesi europei, fra cui l’Italia, la prevenzione, la protezione e il sostegno a donne e ragazze esposte al rischio di mutilazioni genitali femminili o matrimoni forzati e precoci. Grazie a incontri di formazione e percorsi di consapevolezza sui propri diritti, si restituisce un ruolo centrale alle comunità maggiormente a rischio per contrastare tali pratiche, dando voce a livello politico alle istanze e ai bisogni delle donne e delle ragazze colpite da queste due forme di violenza.
A ricoprire un ruolo chiave sono le figure dei Community Trainer, sette donne e un uomo, selezionate tra cinque comunità (Somalia, Nigeria, Egitto, Pakistan e Senegal) particolarmente interessate da questi fenomeni sul territorio di Milano. In quanto figure esperte e riconosciute della propria comunità sono lo snodo fondamentale nelle attività di sensibilizzazione.
CHAIN è co-finanziato dal programma REC (Rights, Equality, Citizenship) – Diritti, Uguaglianza, Cittadinanza – dell’Unione europea ed è implementato in cinque paesi europei da ActionAid (Italia), End FGM EU (Belgio), Equilibres et Populations (Francia), Terre des Femmes (Germania) e Save a Girl, Save a Generation (Spagna).